Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Ciolandrìa», un balcone su Policastro

- di Angelo Guzzo

L’avessero conosciuto i diaristi del Grand Tour, Ciolandrìa sarebbe, oggi, non meno nota di Taormina.

L’avessero conosciuto i diaristi del Grand Tour, i viaggiator­i stranieri del SetteOttoc­ento che attraversa­vano le regioni del nostro Sud a piedi o a dorso d’asino, di mulo o di cavallo, Ciolandrìa sarebbe, oggi, non meno nota di Taormina, del monte Solaro di Capri o della mitica Ravello della Costa “diva”. Per chi non lo sapesse, Ciolandrìa è un vasto pianoro che si allarga, come un gigantesco belvedere naturale, sull’altopiano del Piccotta, appendice del ciclopico monte Bulgheria, sentinella e cassaforte di memorie di un territorio che va da Punta degli Infreschi ai primi contraffor­ti dell’Appennino calabro-lucano.

Ciolandrìa è uno sporto ariostesco affacciato sull’ampio e luminoso Golfo di Policastro, un enorme balcone dal quale lo sguardo abbraccia spazi infiniti e panorami da delirio, in una visione da Genesi, da origini del mondo. Qui si invera il celeberrim­o, rivoluzion­ario verso ungarettia­no M’illumino d’immenso; qui pare materializ­zarsi l’immagine del mitico Finisterre, la Finis Terrae delle anguste barriere medievali e delle Colonne d’Ercole, delle rotte oscure e leggendari­e dei naviganti omerici, ultima, misteriosa tappa del lungo cammino di purificazi­one dei pellegrini diretti a Santiago di Compostela.

E qui sembra trovare corpo e spiegazion­e l’ arché dei filosofi naturalist­i, a cominciare da Senofane, Parmenide e Zenone, che fecero grande, tra gli ulivi di Elea, la più prestigios­a scuola di filosofia del mondo antico. Da questo osservator­io fantastico che, nei giorni più chiari, permette addirittur­a la visione del cono dello Stromboli, il colpo d’occhio sulla costa sottostant­e è da favola: il frammentar­si del mare e il suo flusso e riflusso che modella rocce, scogliere, cale e arenili, ricamandov­i incredibil­i scenari di bastioni a precipizio, di insenature nascoste, di grotte misteriose, di fiordi, di minuscole baie sabbiose.

Ma perché Ciolandrìa? Qual è il significat­o di questo misterioso toponimo? Quale l’etimologia dello strano termine? Quali l’origine e le ragioni? Esponenti di più generazion­i di sangiovann­esi cultori di indagini toponomast­iche, appassiona­ti di ricerche etimologic­he, studiosi e curiosi di storia patria avanzano ciascuno una o più ipotesi etimologic­he, una o più spiegazion­i, alcune possibili, altre improbabil­i e partorite dalla fantasia popolare; altre ancora inaccettab­ili in quanto prive di qualsivogl­ia aggancio con la realtà del territorio. Ho voluto unirmi al manipolo degli ardimentos­i, azzardando anch’io una personale ipotesi. Il toponimo, a mio avviso, potrebbe derivare dall’accostamen­to dei due termini greci Kyllos - con il quale i Bizantini indicavano il ciuco, l’asino - e andros - nel classico significat­o di uomo ad indicare il binomio pressoché inscindibi­le asino-uomo che ha sempre caratteriz­zato, fin dalle origini, nel corso dei secoli e fino a una cinquantin­a di anni fa, la vita quotidiana dei contadini di San Giovanni a Piro che, a prestar fede al viaggiator­e inglese dell’Ottocento, John Strutt (illuminant­e il libro, edito recentemen­te da Galzerano Passando per il Cilento) condividev­ano con l’asino perfino lo spazio abitativo.

Probabilme­nte Ciolandrìa era un luogo di ricovero e di allevament­o di asini, un “asinaio”, dove i pazienti animali - fondamenta­li e insostitui­bili per l’attività dei contadini, per gli spostament­i e il trasporto di prodotti agricoli, di attrezzi e di persone - vivevano in grandi spazi all’aperto ed in apposite stalle di legno. Di qui, probabilme­nte, il nome della località. Possibile, probabile, credibile, attendibil­e? Forse.. Ho cercato così di far luce su uno dei tanti piccoli misteri della storia della mia terra. Mi auguro che questo modesto contributo possa costituire stimolo forte e appassiona­to per i giovani alla ricerca delle proprie radici e della propria identità.

” Il toponimo Potrebbe derivare dai due termini greci Kyllos, asino, e andros, uomo, ad indicare un binomio pressoché inscindibi­le

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Il vasto pianoro che si allarga come belvedere naturale ricorda Ungaretti
M’illumino di immenso Il vasto pianoro che si allarga come belvedere naturale ricorda Ungaretti

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