Corriere del Mezzogiorno (Campania)
In campo, ma senza capi bastone
Caro direttore, spero tanto che queste due percentuali (62,% e 51,9%) che indicano l’affluenza al voto in Campania rispettivamente alle elezioni regionali del 2010 e del 2015, non esprimano il tendenziale democratico della nostra Regione, come profetizza Mario Rusciano nel suo editoriale sul Corriere del Mezzogiorno di domenica scorsa, annunciando non solo elezioni «infuocate, confuse e con un alto tasso di astenuti .... », ma soprattutto elezioni nelle quali «.. ad onta della democrazia saranno i capi bastone a decidere i candidati: altro che liste pulite!».
E parto proprio da quest’ultima e pessimistica affermazione per intervenire, sollevando una sorta di obiezione, «per fatto personale», come si dice nel gergo delle assemblee elettive, quando si chiede la parola per replicare a dichiarazioni che toccano proprio la sfera personale.
Mario Rusciano ci offre un’analisi dell’attuale fase preparatoria del voto di settembre — come nel suo stile puntuale e pungente ma non fazioso — che stimola apertamente al confronto.
Il tema che mi preme affrontare subito in questa occasione è la composizione delle liste, tra i tanti abilmente messi sul tavolo (l’apparente immobilismo politico rappresentato dalla ennesima campagna elettorale che vede schierati in contrapposizione De Luca e Caldoro; l’incertezza degli alleati sulla candidatura di Caldoro alla guida della coalizione di centrodestra; la capacità della costituenda alleanza a sostegno di quest’ultimo di difendere le ragioni del Mezzogiorno e la forza di reclamare un sano europeismo per non perdere l’unica fonte finanziaria necessaria per far ripartire gli investimenti; l’impegno a rappresentare i propri pregi e gli altrui difetti con onestà e trasparenza).
Dunque, veniamo a noi e sgombriamo subito il campo da qualunque preambolo: non ho relazioni con “capi bastone”, non faccio parte di conventicole e non ho pacchetti di voti; eppure ho ricevuto dal presidente della giunta regionale della Campan ia, Vincenzo De Luca, una proposta di candidatura nella sua lista civica.
La cosa mi gratifica sul piano personale e mi dà speranza su quello politico. E spiego anche il perché. Il presidente De Luca esprime una solidità di azione e una chiarezza di visione che trovano, come tutti abbiamo imparato a conoscere con il tempo, un’ampia eco mediatica. È vero anche che i partiti, di fatto, non sono più quelli di una volta, ma anzi si distinguono per la loro assenza: del resto, manca la funzione di selezione delle competenze e dell’esperienza, nonché la condivisione degli ideali politici (riferimenti oggi del tutto trascurati). Tuttavia, è pur vero che se le liste non sono «sporche» è come se non ci fosse motivo di parlarne. Capisco che è più facile scrivere di trame e complotti che raccontare una storia personale di rettitudine e impegno; ma sarebbe utile, per risanare l’intera classe dirigente, che oltre agli eletti fossero considerate anche le rappresentanze economiche, sociali e culturali del paese e che tutti facessimo uno sforzo per esaltarne la parte migliore.
I presidenti di Regione nei mesi a venire saranno chiamati a dire la loro su alcuni temi fondamentali ed estremamente delicati per il prossimo futuro delle nostre popolazioni: su fiscalità di vantaggio per le regioni del Sud; sulla restituzione della quota nazionale per investimenti sottratta al Mezzogiorno negli ultimi 19 anni e sul ripristino dell’attribuzione del 34% delle risorse; sul riparto dei fondi europei aggiuntivi pro Covid, a partire dalle regioni svantaggiate; sul ripristino della quota dell’80% del Fondo Sviluppo e Coesione alle aree sottoutilizzate e sul riequilibrio del riparto della spesa sanitaria pro capite.
Proprio per questo, la sfida si è polarizzata nella contrapposizione tra Salvini e De Luca, più che tra Caldoro e De Luca, definendo il profilo alternativo della Campania che ciascuno immagina di offrire ai cittadini.