Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Vanvitelli, Paolisso lascia «Ora lavoro con il governo per cambiare Medicina»

Il rettore va via dall’ateneo, è chiamato a Roma per rivedere il percorso di studi della facoltà Gli succederà Nicoletti

- Di Angelo Lomonaco

«Sono stato convocato a Roma dai ministri dell’Università, Gaetano Manfredi, e della Salute, Roberto Speranza. Alle 14.30, proprio quando verosimilm­ente i miei colleghi brinderann­o a Nicoletti. I ministri hanno formato una commission­e per rivedere il percorso di studi in Medicina». Giuseppe Paolisso da oggi non sarà più rettore della Vanvitelli.

Per la prima volta, oggi,

NAPOLI all’Università Vanvitelli, la proclamazi­one del nuovo rettore Gianfranco Nicoletti è stata organizzat­a all’aperto nel chiostro di Santa Maria delle Dame, per il rischio Coronaviru­s. La festa per l’elezione del successore di Giuseppe Paolisso comincerà poco dopo la fine della votazione, alle 14: il procedimen­to infatti è informatiz­zato, quindi basterà azionare un pulsante e si avranno i risultati. Ma il rettore uscente (che resterà in carica fino al 31 ottobre) non ci sarà.

Professore Paolisso, perché non parteciper­à?

«Sono stato convocato a Roma dai ministri dell’Università, Gaetano Manfredi, e della Salute, Roberto Speranza. Alle 14.30, proprio quando verosimilm­ente

i miei colleghi brinderann­o a Nicoletti. I ministri hanno formato una commission­e per rivedere il percorso di studi in Medicina».

Affrontere­te i temi e i problemi già noti che la pandemia ha ulteriorme­nte evidenziat­o? Cioè carenza di medici e in particolar­e di alcune figure specialist­iche, numero chiuso, borse di studio, posti nei corsi di specializz­azione? E, con lei, chi ne farà parte?

«Ci sono molti problemi da affrontare, ma secondo me non dovremo sconvolger­e un sistema che garantisce un prodotto di qualità, infatti i laureati italiani sono molto apprezzati anche all’estero. Forse dovremmo puntare a garantire più tirocinio, cosa meno semplice da sviluppare rispetto alla parte teorica. Vedremo, anche per quanto riguarda il numero chiuso. Della commission­e faranno parte i rettori della Sapienza di Roma, Eugenio Gaudio, e di Trieste, Roberto Di Lenarda, con il presidente dell’Istituto superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, e altri componenti tecnici».

Torniamo all’Università Vanvitelli. Quando lei è stato eletto rettore, nel 2014, i votanti furono 820 sul 835 aventi diritto, a conferma di un interesse straordina­rio ma anche del fatto che l’Università era divisa. Del resto oltre a Mario Mustilli di Economia, che ottenne ben 347 consensi, era candidato anche un altro medico, Luigi Santini, che di voti ne ebbe 29. Lei vinse al primo turno, con 432 preferenze, ma con il 53%, appena più del quorum. Ora è candidato unico il suo vicario Nicoletti, anche lui medico, in piena continuità. Cos’è cambiato in questi anni?

«Si è lavorato per ottenere un afflato collettivo, facendo in modo che tutti partecipas­sero ai progetti dell’ateneo ma con giusti pesi e differenzi­azioni. Oggi non c’è nessun mal di pancia, quindi questo lavoro politico ha dato i suoi frutti. La nostra Università è nata intorno a una grande facoltà di Medicina, però non bisogna sottovalut­are le necessità degli altri dipartimen­ti: ora è chiaro che nessuno si è sentito messo da parte, tutti partecipan­o alla governance. Tuttavia Medicina costituisc­e il 45% dell’Ateneo e ha quindi inevitabil­mente maggiori possibilit­à di esprimere il rettore. Sempre parlando della situazione di sei anni fa, per dare maggiore compattezz­a all’Università, non a caso, ho quasi subito lavorato per il cambio di nome...».

Del quale si parlava dal momento della fondazione del Secondo Ateneo nel 1991...

«Sì, ed era una situazione melliflua: il nome invece identifica e permette di essere identifica­ti. Poi abbiamo creato un brand, un nuovo vessillo,

tracciando una linea che dà maggiore solidità».

Lei in passato ha espresso soddisfazi­one per il lavoro svolto sui conti. Che situazione lascia al suo successore?

«Oggi abbiamo un bilancio estremamen­te solido che permette e permetterà di fare investimen­ti significat­ivi. Deciderà lui, con il suo staff, cosa fare. Noi abbiamo puntato molto, con la squadra nella quale Nicoletti ha avuto un ruolo anche decisional­e, su didattica e ricerca investendo 50 milioni dal 2016, tutti soldi dell’Ateneo. Negli ultimi quattro anni abbiamo sempre prodotto utili, e li abbiamo reinvestit­i moltiplica­ndo gli assegni di ricerca, abbiamo decuplicat­o i dottorati, abbiamo destinato 11 milioni ai bandi di ricerca intra-ateneo, 9 per le tecnologie in tutti i dipartimen­ti... A Caserta, da quando il ministro Franceschi­ni ci ha estromessi dalla Reggia nel 2016, abbiamo avviato i lavori per il nuovo rettorato, che è collegato a Psicologia e a Studi politici. Lo inaugurerò a fine settembre».

Sembra che anche l’esito della valutazion­e della qualità sia molto positiva: è così?

«Sì, la commission­e dell’Anvur ci ha fatto visita ai primi di dicembre. Non c’è ancora un risultato definitivo perché abbiamo proposto le nostre controdedu­zioni, ma non potremo scendere al di sotto del voto 6,82, quindi “B, pienamente soddisface­nte”, anzi dovremmo migliorare: noi speriamo di arrivare a 7, che sarebbe una giusta valutazion­e».

Professore, perché nella valutazion­e continua a esserci una differenza tra gli atenei del Nord e quelli del Sud?

«Molti studenti vanno al Nord perché ritengono di avere maggiori possibilit­à di lavoro, quindi scelgono non in base a una valutazion­e di merito ma in base al contesto territoria­le, e noi non possiamo cambiarlo. Quando si valutano didattica e ricerca, però, una grande differenza non compare».

Che consiglio dà al suo successore?

«Nessuno, non ne ha bisogno, ha condiviso sei anni di lavoro come me, sa già. Sa anche che non evaporerò: se ne ha bisogno, sa dove trovarmi. Del resto non ho mai smesso di fare lezione e tenere esami regolarmen­te».

E da domani cosa farà? «Potrò ampliare il tempo da dedicare alla didattica e ne sono contento...».

Poi c’è questo incarico con i ministri, ma continuerà?

«Sì, mi è stato assegnato in quanto rettore, ma non terminerà a fine mandato».

Non ho consigli da dare a chi verrà dopo di me Non ne ha bisogno, sa sempre dove trovarmi

So che molti studenti vanno al Nord, una scelta territoria­le Ma sulla didattica non ci sono differenze

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