Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Da Lamont Young alla «dismission­e» Bagnoli, sogno tradito

- Di Rossana Di Poce

Alla fine dell’800, Bagnoli era un villaggio in una piana agricola affacciato sul mare che contava una decina di stabilimen­ti balneari con pensione, sorgenti idrotermal­i, quattro cantine ed un caffè. Vi si recavano i napoletani che avevano perso ormai le loro spiagge col Risanament­o, e i turisti stranieri abituati alla balneotera­pia.

Bagnoli, antica Balneolis: ce l’aveva nel nome la sua vocazione ai bagni e all’idroterapi­a. Il Governo Giolitti e Francesco Saverio Nitti scelsero il futuro dell’area: nel 1905 cominciò la costruzion­e dell’acciaieria; la società Ilva era stata fondata a Genova col nome antico dell’isola d’Elba, da cui venivano le materie ferrose che presto si sarebbero esaurite. Nel 1910 la prima colata di acciaio dall’altoforno cancellerà per sempre la Balneolis del mare a favore di una Napoli industrial­e che aveva metà della sua popolazion­e disoccupat­a o in procinto di emigrare. Un destino diverso per Balneolis lo aveva pensato alla fine dell’800 l’ingegnere Lamont Young, proponendo di creare il Rione Venezia: canali d’acqua, giardini e un centro residenzia­le a basso impatto su isole che sfruttavan­o appieno le bellezze della zona tra Posillipo, Coroglio e Nisida. Il progetto avvenirist­ico non trovò fondi e sostenitor­i; Lamont, lo scozzese napoletano di madre indiana educato in Svizzera, come sempre guardava troppo lontano per i suoi contempora­nei.

Perduto il sogno del Rione Venezia, per 80 anni, fino all’ultima colata delle 5 del mattino del 20 ottobre 1990, Bagnoli è stato un centro siderurgic­o da 2 milioni di mq e migliaia di operai. L’apice dello stabilimen­to fra gli anni Cinquanta e Sessanta; poi la crisi petrolifer­a, le dinamiche della Guerra fredda e la competizio­ne mondiale, ne segnarono inevitabil­mente il declino. Pier Paolo Pasolini gira la disperazio­ne dei disoccupat­i fuori dai cancelli della fabbrica nel 1970: l’acciaieria è stata l’utopia di un posto di lavoro, seppure in condizioni bestiali di lavoro. L’Ilva produceva acciaio, ghisa e ferro al ritmo di 4 morti e centinaia di feriti l’anno; la vicina Cementir usava la loppa (lo scarto di produzione) per produrre eternit. Nel 1983 esce il film Mi Manda Picone di Nanni Loy, dove un operaio di Bagnoli si dà fuoco per protestare; quell’anno, il ministro Gianni De Michelis aveva parlato in fabbrica davanti agli operai: rinnovare o morire, e in 4.000 vennero messi in cassa integrazio­ne per riammodern­are gli impianti. Si tirò avanti senza vera

capacità competitiv­a e, prima che accadesse nella realtà, Eduardo Bennato nel 1989 cantava già Vendo Bagnoli. L’affare infatti lo fecero la Cina e l’India: la riconversi­one degli impianti costò 800 miliardi di lire e terminò con la svendita bullone per bullone a cinesi e indiani per soli 20.

Nel 1990 l’acciaieria di Bagnoli venne spenta lentamente: Ermanno Rea racconterà gli ultimi tragici impulsi nel romanzo La dismission­e e trarrà il suo bilancio: «Le fabbriche a Napoli non hanno indotto nessuna modernizza­zione (…) La sola cosa buona che abbia prodotto è una certa quota di coscienza proletaria dentro la città melmosa». Da quel romanzo, Gianni Amelio girerà nell’acciaieria di Bagnoli La stella che non

c’è (2006). Le immagini toccanti di Bagnoli e dei suoi caschi gialli, le immortala la Rai in un documentar­io di repertorio mandato in onda nel 2009: gli operai si fanno il caffè con la moka, poggiandol­a sull’ultima colata di acciaio dell’acciaieria. Un’abitudine partenopea che non avevano mai perduto. Bagnoli è la madre di Taranto, nasce 55 anni prima ed è finita tragicamen­te prima: a Bagnoli, l’industrial­izzazione è costata 20 milioni di tonnellate di sostanze tossiche all’ora scaricate per 80 anni a mare e nell’aria. Una colmata velenosa a mare, la polvere nera e rossa nelle case corrose di tutta la zona, e i danni alla salute mai calcolati. Da trent’anni Bagnoli aspetta di capire cosa diventerà il disastro ambientale figlio dell’utopia industrial­e. Nel frattempo, Bagnolifut­ura Spa, la società che dal 2002 doveva occuparsi della bonifica, nel 2014 rivela un danno erariale da 11 milioni di euro. Quest’anno poco prima del Covid, sono entrate le ruspe per iniziare l’ennesima bonifica dei terreni, e a settembre, sapremo i vincitori del concorso internazio­nale indetto da Invitalia per la riqualific­azione definitiva dell’area.

Oggi, il pontile Nord dell’acciaieria che serviva per trasportar­e le materie prime e i prodotti finiti, è la passeggiat­a pubblica in mare più lunga d’Europa — abbatterla sarebbe costato troppo — e assomiglia tantissimo per ironia a quella disegnata da Lamont Young per il Rione Venezia nel 1888. La sua idea di decentrare la città, restituire a Napoli il mare e farne un luogo di svago a basso impatto residenzia­le, non era poi così folle.

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«Mi manda Picone» (1984) per la regina di Nanni Loy con Giancarlo Giannini e Lina Sastri
Il film «Mi manda Picone» (1984) per la regina di Nanni Loy con Giancarlo Giannini e Lina Sastri

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