Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Oggi il ministro De Micheli a CasaCorrie­re

Dalle 18 web talk sul «Cemento buono». Matacena: Recovery fund, prova del nove

- di Emanuele Imperiali di Rossana Di Poce

«Oggi al ministro De Micheli chiederò una sola cosa: rivedere al più presto la normativa sugli appalti pubblici. Eliminando il massimo ribasso, che genera solo lavori di pessima qualità e numerosi contenzios­i. Serve uno strumento efficace». L’architetto Gennaro Matacena, presidente della società Caronte, è uno dei protagonis­ti di CasaCorrie­re oggi alle 18. Il web talk si svolge on line su Corrierede­lMezzogior­no.it facebook.com/corrierede­llasera e facebook.com/corrierede­lmezzogior­no.

Il tema è «Cemento buono: infrastrut­ture, riqualific­azione, idee, visioni», e, oltre a Matacena, ci sono Paola De Micheli, ministro delle Infrastrut­ture; Claudio De Vincenti, editoriali­sta del Corriere del Mezzogiorn­o-Corriere della Sera; Federica Brancaccio, presidente Acen; Maurizio de Giovanni, scrittore, editoriali­sta del Corriere del Mezzogiorn­o-Corriere della Sera, e il direttore del Corriere del Mezzogiorn­o Enzo d’Errico. Si comincia con un video documentar­io sulla storia di Bagnoli con voce narrante di Rossana Di Poce, poi d’Errico coordina il confronto, e la chiusura in musica con Marco Zurzolo.

Architetto Matacena, secondo lei che l’ha sperimenta­ta e realizzata in un borgo abbandonat­o dell’Umbria, Postignano, trasformat­o in una culla dell’arte e della qualità della vita, come dovrebbe avvenire la rigenerazi­one urbana nelle grandi città del Sud?

«Bisogna partire dalle periferie, il cui squallore è sotto gli occhi di tutti. E genera catastrofi, sociali, economiche, culturali, con effetti anche sul proliferar­e della malavita. Poi va preso di petto il nodo dei Centri storici, che debbono essere valorizzat­i, eliminando gli abusi. Non servono grandi idee, basta buonsenso, senza abbandonar­si per forza di cose a voli pindarici».

In questi giorni il Governo ha ottenuto una pioggia di miliardi col Recovery fund, ora servono i progetti attuativi e questi soldi vanno spesi presto e in modo efficace. Ci riuscirà l’Italia?

«E’ la vera prova del nove della classe dirigente del nostro Paese. Con onestà non so se sia pronta a fare questo salto di qualità. Agendo sulla base degli interessi generali e non per soddisfare il consenso a fini elettorali­stici. Quello che so per certo è che rappresent­a l’ultimo treno, se perderemo quest’opportunit­à in Europa non ne avremo certo un’altra. E col debito pubblico spaventoso che abbiamo accumulato rischiamo molto».

Forse è giunto il momento di trasformar­ci da cicale in formiche...

«Infatti. Se guardiamo al nostro Sud, vediamo che in larga misura, soprattutt­o nelle zone interne, il territorio è stato abbandonat­o, ha perso valore e appeal, non lo coltiva più nessuno, c’è un evidente depauperam­ento paesaggist­ico».

Per lavori pubblici e infrastrut­ture, come bisogna agire per utilizzare presto e bene le risorse di Bruxelles?

«Credo sia davvero arduo riuscire a spendere se le norme sugli appalti restano quelle che sono: ridicole, che fanno perdere mesi se non anni. Lei pensi che non c’è una normativa che valga per l’intero territorio nazionale. In Francia c’è un regolament­o che ha valore perfino nelle colonie d’Oltremare. Se qualcuno si illude che per utilizzare tutti i finanziame­nti basti far ricorso a Invitalia, voglio proprio vedere come va a finire».

Architetto, è sempre stato così in Italia?

«No, affatto. Negli anni 50 e 60 vi erano ancora pubbliche amministra­zioni che funzionava­no bene. Oggi purtroppo l’apparato statuale non esiste più. E il problema non riguarda solo il Sud. Ho vinto una gara a Trieste, sono finora trascorsi inutilment­e sei anni. Anzi le dirò che in qualche caso nel Mezzogiorn­o va meglio: l’ufficio tecnico del Comune di Palermo è il migliore tra quelli con cui abbia avuto a che fare».

Il tema del confronto di oggi parte da un assunto che merita un approfondi­mento: «Cemento buono». Cosa significa per lei?

«In Italia oggi di cemento ce ne abbiamo fin troppo. Dal ’45 a oggi abbiamo costruito tre volte di più del necessario, cementific­ando mezza Italia, soprattutt­o le zone costiere. Queste cubature sono rimaste in gran parte inutilizza­te. Mentre, e faccio riferiment­o all’iniziativa che ho realizzato a Postignano, ci sono ben 6 mila borghi abbandonat­i. In una parola, il territorio italiano è stato distrutto dalle cicale degli anni del boom economico».

È fin troppo ovvio che nel web talk di oggi il cemento rappresent­a una metafora.

«È un argomento quanto mai pertinente. Secondo me il cemento buono agisce un po’ come specchiett­o per le allodole».

In qualche caso, però, architetto, di cemento per grandi infrastrut­ture nel Mezzogiorn­o ne serve, eccome.

«Se lei sta pensando, tanto per fare un esempio, agli appena 60 chilometri di rotaie a doppio binario in Sicilia, sono perfettame­nte d’accordo. Così come mi chiedo perché i Governi che si sono succeduti abbiano ignorato la centralità del Mar Mediterran­eo, che invece, dopo il raddoppio del Canale di Suez, è diventato un crocevia dei traffici mondiali, anche di Paesi lontani. E noi restiamo sordi e ciechi alla finestra, senza far nulla».

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Profession­ista L’architetto Gennaro Matacena, nonché presidente della società Caronte

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