Corriere del Mezzogiorno (Campania)
UN PARTITO FUORI TEMPO
La democrazia parlamentare è in grave crisi dappertutto. Da noi viene picconata da più parti nell’indifferenza generale e senza rispetto della Costituzione. Da una parte si taglia il numero dei parlamentari per risparmiare sui «costi della politica», scioccamente confusi coi sacrosanti «costi delle istituzioni». Da un’altra parte ci si astiene dal voto, che in democrazia è un diritto-dovere. Vanno quindi apprezzate le iniziative dal basso tese a riavvicinare i cittadini alla politica, se ne condividano o no le spinte ideali. Tra le iniziative spicca quella di un gruppo di cattolici, che da circa un anno ha creato una «rete» nazionale intorno a un Manifesto promosso dall’economista bolognese Zamagni e firmato da oltre cinquecento aderenti. Si ritroveranno a ottobre in una «Assemblea costituente per definire la “postura” politica dei cattolici democratici». Intendono creare un nuovo soggetto organizzato per segnare «una novità nel panorama politico italiano». Non tanto per «ri-formare» quanto addirittura per «trasformare» il Paese. I promotori del nuovo partito — d’ispirazione cristiana ma aperto a credenti e non credenti — non intendono «rifondare la Democrazia Cristiana» ma nemmeno farsi «imprigionare in una forzata scelta tra destra e sinistra». Rivendicano infatti piena autonomia: perché, come ha detto Zamagni al Meeting di Rimini, «il bipolarismo uccide la democrazia». Il programma è vasto: il Manifesto ha contenuti generici e perciò largamente condivisibili da chi ha a cuore la centralità della Politica nella convivenza civile. Esso però risale al novembre 2019, cioè a prima della catastrofica pandemia che ha sconvolto la vita — e il quadro macroeconomico — dell’Italia, dell’Europa e del mondo. Troppe cose sono cambiate in peggio e dunque il documento andrà riscritto da cima a fondo. A parte questo aspetto, non secondario ma contingente, è l’iniziativa in sé (e l’itinerario prospettato) a suscitare riflessioni e interrogativi.
1) Quando nacque il Partito Democratico a vocazione maggioritaria, si disse che esso, mettendo insieme «ex comunisti» e «cattolici democratici», intendeva superare antiche reciproche diffidenze, ormai obsolete (comunisti estinti, cattolici latitanti). I residui valori delle due componenti — libertà, eguaglianza, solidarietà, economia sociale di mercato ecc. — sembrarono comuni, se non altro in quanto scolpiti nella Costituzione, frutto del grande compromesso post-bellico tra le medesime componenti. Sicché esse, fondendosi dopo una settantina d’anni, avrebbero reso al Paese un grande servizio. Non tutti ci credettero: pochi comunisti irriducibili finirono a sinistra del Pd mentre i cattolici si sparpagliarono. Alcuni tentarono di rimanere al centro, ma — data la debolezza di questo nel sistema maggioritario — finirono a destra e lì stanno. Evidentemente il connubio tra le due componenti del Pd non era gran che riuscito. Sta di fatto che, da allora, è iniziata la diaspora delle forze politiche, a destra e a sinistra. Continue scissioni e trasformismi, populismi di varia estrazione: in pratica la nota attuale confusione. Domanda: c’è spazio per un partito di cattolici con obiettivi tanto ambiziosi, irraggiungibili senza strumenti adeguati, ingenti risorse e soprattutto alleanze difficili da realizzare, sia nel maggioritario sia nel proporzionale? 2) Il nuovo partito dei cattolici, facendo affidamento sul futuro probabile sistema proporzionale, vuole collocarsi al centro e non scegliere tra destra e sinistra. Non intende nemmeno «mettere assieme i piccoli “pezzetti” che oggi costituiscono la tanto sparpagliata presenza di cattolici nella cosa pubblica», e arriva a dire: «O il nuovo partito avrà la forza per presentarsi come autentica novità o non sarà». Domanda: pensa davvero di ottenere consensi tali da diventare forza egemone solo richiamando «tutte quelle energie finora sopite che hanno finito per restare al margine della vita politica»?
3) A parte la gigantesca secolarizzazione della società contemporanea — problema enorme da trattare a parte — si sa che il mondo cattolico non è monolitico, anzi è molto diviso. Per esempio: è cattolico Salvini, che nei comizi esibisce e bacia rosari e strumentalizza immagini di Gesù e della Madonna; e sono cattolici non esibizionisti volontari e preti di periferia o di quartieri difficili, specie a Napoli molto attivi. Inoltre incredibili divisioni esistono persino nella Chiesa, dove molti non amano Papa Francesco accusato d’essere «di sinistra» solo perché evangelicamente difende gli ultimi, i deboli, gl’immigrati ecc.. Domanda: il nuovo partito riuscirà a superare queste divisioni riunendo sotto un’unica bandiera atteggiamenti così diversi aventi radici persino antropologiche?
4) È vero che il Pd ha trascurato il mondo cattolico e non ha fatto niente per amalgamare, sul piano culturale prima che politico, le componenti che l’hanno creato, ma è anche vero che frammentare ulteriormente il panorama politico italiano significa assumersi una grande responsabilità: oggi più che mai. Domanda: non sarebbe più fruttuoso che i cattolici, seguendo il Vangelo, fossero come il «lievito che una donna ha….impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti» (Mt. 13, 33)? Fuor di parabola: s’impegnassero cioè nel mondo reale — quindi nei partiti esistenti, di ogni schieramento — per essere «lievito della società», testimoniando senza secondi fini e ipocrisie, il loro credo e gli straordinari valori che racchiude?