Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Nel pamphlet di Ceci, Dispoto e Giannì proposte per il post-Covid
vantaggio di una serie di misure calibrate su scala locale, in grado di sopperire alla carenza di infrastrutture minime capaci di migliorare la vita e la mobilità tra i diversi spazi territoriali. Una riqualificazione diffusa tanto delle infrastrutture che delle soluzioni abitative al posto di interventi calati dall’alto e lontani dalle reali necessità delle aree investite dai progetti.
Il Cambiamento d’epoca proposto, dunque, riguarda la scala e l’efficacia delle politiche territoriali in primo luogo dall’intervento sul patrimonio edilizio pubblico che risulta gravemente inutilizzato e privo di manutenzione. I comuni, soggetti amministrativi radicati sul territorio, dovrebbero attivarsi, coadiuvati dalle regioni, per una seria riqualificazione del patrimonio edilizio da riconvertire a soluzioni abitative degne e ad edilizia scolastica e sanitaria piuttosto che riproporre la costruzione di nuovi edifici ed agglomerati disconnessi dalla realtà urbana già esistente. Gli interventi dovrebbero essere indirizzati in base ai risultati di indagini e ricerche che abbiano al centro la società e non gli attori economici. Un’edilizia sociale generata dalla collaborazione tra pubblico e privato che, in quanto finanziata dal programma europeo, non sia pensata come mero motore economico ma come strumento di sviluppo ed emancipazione.
Insomma a pochi giorni dal voto, la lettura di Cambiamento d’epoca potrebbe rappresentare uno stimolo inatteso perché il territorio – lo spazio di convivenza tra ambiente e società – torni ad essere un perno centrale delle politiche di sviluppo e l’attività antropica cessi di essere un detonatore di nocività ma piuttosto ritorni ad essere una pratica di costruzione di un benessere diffuso e condiviso basato sulla cura e il rispetto delle risorse.