Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Simona Boo: «Canto vite di afro-discendenti»
Esce l’album della napoletana di origini nigeriane
Quella di Simona Boo, cantautrice napoletana di origini nigeriane, è la sua storia e quella di un’intera fetta di mondo: gli afrodiscendenti di seconda generazione che vivono nel nostro Paese.
L’uscita di Fuje, il primo album realizzato con il Cultural Boo Team, è l’occasione per raccontare il percorso di questa musicista che si inscrive nel solco di una parabola nota grazie anche al successo di Mahmood.
Dopo la laurea al conservatorio e gli studi in Scienze della comunicazione - con un maestro come Enzo Avitabile - Simona ha maturato esperienze con 99 Posse, Terroni Uniti e Orchestra di Piazza Vittorio. Ora imbraccia la sua voce come uno strumento e scrive e canta nove brani autobiografici.
«Sapevo di essere stata adottata - racconta - ma per tanti anni mi è piaciuto pensare di avere origini brasiliane, tanto da imparare fluentemente il portoghese. Solo nel 2018 ho scoperto di essere nata da una mamma pugliese e da un papà nigeriano che peraltro non ho ancora conosciuto. Di questa origine ritrovata ho fatto un punto di forza che racconto in questo disco attingendo a un mix di culture, dal Brasile all’Italia fino all’Africa».
Fuje, con la partecipazione di Daniele Sepe, Giulio De Asmundis (Giulio Neri), Kaw Sissoko e Paolo Batà Bianconcini, è un brano-sintesi: «C’è tutto il mio vissuto, comune a quello di tanti altri che si trovano di fronte a un muro di ignoranza e razzismo. C’è chi non ci vuole italiani perché abbiamo la pelle scura». Un esempio? «Qualcuno si stupisce ancora che parli bene italiano: noi siamo nati qua! Gli afrodiscendenti sono un pezzo di questo Paese. Sono cresciuta a Varcaturo dove vedevo ragazzi sfruttati nelle campagne e donne africane costrette a prostituirsi...».
Estate ‘89, scritto con Antonio Brugnano, è dedicato a Jerry Masslo, il bracciante ucciso 31 anni fa a Villa Literno «e per chi non ha avuto la mia fortuna». Che è stata essere amata da genitori adottivi cui è dedicato il brano Zaè, mentre Sufia è tutto per la madre biologica. La musica si fa autobiografia ed è la vita stessa che «canta».