Corriere del Mezzogiorno (Campania)
TRIS DI AUTRICI PER L’ANTOLOGIA DEL LOCKDOWN
La polifonia di voci che viene fuori dall’antologia pubblicata da Neri Pozza, L’allegra brigata, offre la possibilità di squarciare il velo, in chiave letteraria, sui giorni bui della quarantena. Gli scrittori chiamati a dare di quel periodo straniante una loro visione sono geograficamente e anagraficamente lontani. Ma la loro diversità consente al lettore di cogliere le sfaccettature di un dramma contemporaneo che appartiene a noi tutti, pur con tutti i limiti che queste operazioni editoriali di «collage» sempre presentano. I racconti, nati e ambientati nel lockdown, hanno ciascuno un taglio personale. E le tre autrici napoletane ospitate nell’antologia hanno utilizzato registri assai differenti. Umoristico, da commedia il tono di Antonella Ossorio, nel racconto intitolato «La sindrome di Aristotele». La storia è quella del rapporto un po’ «sopra le righe» tra una austera metodica nipote e un nonno vitale e imprevedibile, ammaliato dal richiamo della sirena Napoli sgombra dal suo abituale chiasso. Ossorio si conferma autrice dalla effervescente vis comica, in virtù della quale addomestica con sapienza il parlato e il dialetto, con risultati brillanti come già nel suo romanzo La cura dell’acqua salata. Più lirico il testo di Wanda Marasco: la scrittrice del Genio dell’abbandono conferma la sua visionarietà e la versatilità di una lingua letteraria capace di raggiungere effetti potenti con un aggettivo o una chiusa opportunamente incastrati come diamanti in un discorso all’apparenza semplice e piano. Il suo è il racconto dell’esile, sfuggente amore tra due colleghi di lavoro, all’ombra della tenera follia della madre di lui. E se due autrici di rilievo del panorama napoletano dimostrano ancora una volta le loro qualità, la più giovane Piera Ventre raggiunge nel proprio percorso già ottimamente avviato una nuova tappa, con un testo cesellato con cura e perizia. È la storia di un uomo che sfugge la vita, preferisce schivare il prossimo e anche le proprie pulsioni, pur di non gettarsi della mischia dell’esistenza. Nella sua strada incontrerà però l’imprevisto, sia pure sotto forma ferina.