Corriere del Mezzogiorno (Campania)
NAPOLI LIBERTY ULTIMI FASTI DI UNA CITTÀ
A Palazzo Zevallos Stigliano una mostra sull’arte nell’ex capitale che aveva ancora una forza culturale e imprenditoriale e molti primati: 70 opere tra dipinti, sculture, manifesti, ceramiche e artigianato
Una mostra sull’ultima stagione di fasti napoletani, quella che va dal 1890 alla prima guerra mondiale. Una città che, sebbene non più capitale, aveva ancora una forza culturale e imprenditoriale che le regalava molti primati, dall’architettura all’artigianato, dal cinema al teatro, dalla musica alla moda, dall’industria alla pubblicità. È «Napoli Liberty - “N’aria ‘e Primmavera», a cura di Luisa Martorelli e Fernando Mazzocca, che si apre domani a Palazzo Zevallos Stigliano (visitabile fino al 24 gennaio), con 70 opere fra dipinti, sculture, manifesti, ceramiche e altri preziose testimonianze di artigianato artistico.
«Un evento importante – ha spiegato ieri Michele Coppola, responsabile del patrimonio artistico di Intesa Sanpaolo - per i contenuti, ma anche perché è la prima che Gallerie d’Italia inaugura dopo il lockdown. Una conferma del ruolo che il gruppo dà Napoli e alla sua cultura, rafforzata dal sottotitolo tratto da Salvatore Di Giacomo, speranza per una primavera di ripresa per tutti».
Un’occasione per approfondire una stagione, che dopo il colera del 1884 e il conseguente sventramento del centro malato della città, regalò una nuova visione urbanistica, purtroppo interrotta, e un’espansione equilibrata verso nuove aree come Chiaia, il Vomero e Posillipo, con la costruzione delle funicolari, la creazione della prima casa produttrice e l’apertura del primo cinema italiano, la Sala Recanati. E poi le case discografiche, la nascita del Salone Margherita, il teatro che strizza l’occhio alle pochade francesi e la nascita dei primi grandi magazzini italiani, i Mele, con la pubCosì blicità che coinvolse artisti come Cappiello, Dudovich e Laskoff, qui esposti nella sezione manifesti.
E la pittura? «Risentì – spiega Martorelli - del secessionismo austriaco e tedesco, Klimt e Moser in testa, anche se è difficile parlare di una pittura Liberty, termine tratto dal nome di un venditore di mobili inglese, qui sostituito dalla definizione di Stile Floreale». «Non tutti sanno – prosegue Mazzocca – che il pittore Felice Casorati, a causa degli spostamenti paterni, visse a Napoli fra il 1907 e il 1911, lasciando notevole traccia di sé, testimoniata da una sala a lui dedicata». Con dipinti intensi come «Le sorelle» o «Persone», cui aggiungere quelli più secessionisti di Edoardo Pansini, Edgardo Curcio, Eugenio Viti, Vincenzo Irolli, Vincenzo Migliaro o Ada Pratella.
come le sculture, dai ritratti di Gemito, ai nudi di Costantino Barbella e Achille d’Orsi e le teste di Filippo Cifariello e Giuseppe Renda. Infine le arti applicate, che qui registrano chicche come la «Fontana degli Aironi» di un artista totale come Filippo Palizzi, o lo specchio di Almerico Gargiulo e i vasi della fabbrica Cacciapuoti.