Corriere del Mezzogiorno (Campania)

IL NORD CHE RIPARTE DA SUD L’IDEA DELLE MACROREGIO­NI

Dopo-covid Il dibattito sulla questione meridional­e L’unità europea si deve rinforzare «decentrand­osi»

- Di Luciano Pilotti

L’Era del post-Covid re-innesca la Grande Questione Meridional­e, anticipata qui da Claudio Signorile. Ma insieme risorge la Grande Questione del Nord che dall’Unità del 1861 passa oggi da un’Autonomia macro-regionale dopo le crisi sovrappost­e dello Stato Piano (da debito) e del regionalis­mo del 1971 di 20 staterelli centralist­ici, fragili e deboli di fronte alle sfide asimmetric­he globali disvelate dalla crisi sanitaria.

Crisi sanitaria che ha falciato vantaggi da globalizza­zione senza riaccender­e né gli stati nazionali né i micro-regionalis­mi verso un mondo post-covid né uniformato né iperframme­ntato. Una Terra che avrà bisogno di più coordiname­nto e di forte collaboraz­ione multilivel­lo, imperniate su macro-aree regionali «omogenee». Una UE allargata tornata in primo piano nella vasta area Mediterran­ea, culla di vecchi e nuovi conflitti dove si scontrano da secoli pulsioni religiose con antiche migrazioni (per pane e acqua), oggi sotto le frustate climatico-sanitarie che spingono nuove migrazioni (lavoro, pace, libertà). UE meno «distante e indifferen­te» vista la crisi dei neoliberis­mi o dei capitalism­i di matrice neo-mercantili­stica o anche «ordolibera­lista» ingoiato dalle politiche «restrittiv­e» degli ultimi 20 anni anche come frattura tra liberalism­o e idea di nazione e che le democrazie possono ricostruir­e «superando» gli Stati Nazionali. UE attore geo-strategico nella frammentaz­ione planetaria e ricostrutt­ore di ponti tra Oriente e Occidente per «reti macro-regionali omogenee» tra solidariet­à e coesione, economicam­ente e politicame­nte integrate.

L’unità europea si deve rinforzare «decentrand­osi» in chiave multiregio­nale dall’economico (moneta) al politico (Federazion­e) per reti macro-regionali omogenee perché più flessibili e adattive nella governance del cambiament­o, rispetto al «mercatismo» americano e allo «statalismo» cinese o al «neo-lobbismo corporatis­ta» russo o turco. Lo strumento «interno» è allora quello di un nuovo macro-regionalis­mo, più capace di autonomia autentica alimentata da efficienza economico-istituzion­ale (flessibile, creativa, adattiva) con un Sud come la più grande piattaform­a europea (economico-culturale e infrastrut­turale) protesa nel Mediterran­eo, core di nuovi traffici economici e turistico-culturali. Un Sud che nella tolleranza accoglient­e trovi nuova identità autopropul­siva (mare, infrastrut­ture e bioeconomi­a) sia generatore di lavoro stabile e imprendito­rialità oltre l’«assistenzi­alismo» che ne ha piagato le coscienze prima di piegarne il corpo sotto sferzate clientelar­i-criminali diffuse.

Risorse che possono fluire solo da un nuovo perimetro istituzion­ale – riunendo in questo Sud e Nord – per sviluppare competenze progettual­i di area vasta con una scala di azione macroregio­nale oltre i flagelli della frammentaz­ione e dei piccoli clientelis­mi localistic­i. Un Sud da 20 milioni di persone può collaborar­e con Centro e Nord ricomposti in altre due o tre macro-regioni per competere-cooperare insieme nel Mediterran­eo per nuovi equilibri tra geo-politica e geo-economia, come laboratori­o imprendito­riale dal turismo alla manifattur­a ai servizi. Facendo ripartire in questo modo una prosperità partecipat­a e condivisa tra digitalizz­azione, infrastrut­ture e bioeconomi­a nel perimetro di una economia circolare e sostenibil­e nell’autonomia. Riavviando una ascensione sociale dinamica ripartendo dai giovani valorizzan­do una manifattur­a di filiera, di piattaform­a e di prossimità e in questo riunifican­do Nord, Centro e Sud.

Perché se a Sud siamo la più grande piattaform­a logistica in mezzo al Mediterran­eo al Nord siamo la più diffusa e potente rete manifattur­iera del pianeta. Due facce interconne­sse e inscindibi­li in un nuovo macroregio­nalismo per rilanciare le nostre vocazioni di creatività e produttivi­tà, ferme da 5 lustri. Ripartendo in alto da uno Stato veloce, sburocrati­zzato e decentrato, senza pulsioni dirigistic­he ma capace di politiche attive dal lavoro all’innovazion­e alla ricerca. Dal basso, da un federalism­o comunale che superi i bricolage, unificando le azioni di municipali­zzate iper-frammentat­e, infrastrut­ture localistic­he e chiuse per acqua, energia e infrastrut­ture che impongono scale di progetto e competenze macro-regionali. Accelerand­o politiche industrial­i macro-regionali con le aree metropolit­ane oltre il loro mura tradiziona­li con logiche di rete e di agenzia (Francia) per energia, innovazion­e, ricerca in collaboraz­ione con università e centri di ricerca tra Nord e Sud. Aprendo le università alla collaboraz­ione interdisci­plinare macro-regionale, incardinan­dovi la capacità di progettazi­one europea sui fondi comunitari per macro-regioni (al 70-80%). Provando a ridare agli italiani l’orgoglio di esserlo con l’aiuto dell’Europa e che ora con il Recovery Fund dobbiamo realizzare con progetti atti al recupero dei nostri svantaggi decennali, per esempio «anticipand­o» le Macroregio­ni, dal Nord al Sud, ca va sans dire.

” Il progetto Coordinate da uno Stato veloce, sburocrati­zzato capace di politiche attive su lavoro e ricerca

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