Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Covid, Chiaia e Posillipo più colpite
Emergenza Rapporto dell’Azienda sanitaria di Napoli, le periferie sembrano più immuni però si eseguono meno tamponi
Ieri per la prima volta sono calati i positivi di oltre cento unità, ma i ricoveri restano stabili
I quartieri del centro di Napoli e in particolare Chiaia e Posillipo risultano in percentuale tra i più colpiti dal Covid secondo un report dell’Asl Napoli 1. Le periferie sembrerebbero più immuni ma si potrebbe spiegare con il fatto che lì si effettuano meno tamponi da parte dei privati.
Sembra che il sistema immunitario protegga contro il Covid 19 più le donne che gli uomini. E se non è proprio una conferma con tanto di sigillo scientifico, il dato sui contagi che emerge da una aggiornata fotografia tendenziale elaborata dalla Asl Napoli 1 si impone certamente come indizio orientato proprio in questa direzione.
Il coronavirus, infatti, nel capoluogo partenopeo colpisce più gli uomini delle donne: il 54% contro il 46%. Con l’età media che si attesta tra i 42 e i 43 anni e il maggior numero di casi che si registra tra la popolazione compresa tra i 19 e i 50 anni (2321). Tra chi ha un’età compresa tra i 51 e i 70 anni sono 1160 i casi di contagio rilevati, mentre appaiono più resistenti (o forse sono semplicemente più protetti) gli over 70 (che fanno registrare 422 casi) e chi ha meno di 18 anni (con 400 positivi). Ma è la geolocalizzazione dell’andamento epidemico a rivelare quali sono le zone di Napoli più vulnerabili alla penetrazione del virus. Anche qui il mistero si può spiegare soltanto con un ventaglio di ipotesi, suggestive o meno, verosimili o con un minimo di riscontri empirici, che avrebbero, per questo, bisogno di essere sottoposte ad una seria ed approfondita valutazione scientifica.
Tuttavia, il dato raccolto, almeno fino ad ora, presenta un indirizzo inequivocabile: il virus circola maggiormente nei quartieri del centro cittadino, con un’incidenza tra i 74 e gli 88 casi ogni 10 mila abitanti nei quartieri di Chiaia, Posillipo, Porto e Pendino. Ci sarà una spiegazione plausibile se il livello di contagio risulta essere un po’ più basso, tra i 39 e i 74 casi ogni 10 mila abitanti, al Vomero, a San Giuseppe, nel quartiere Avvocata, alla Vicaria, a Poggioreale, a San Carlo all’Arena, nel quartiere Stella, a Piscinola, a Miano, Secondigliano e Chiaiano, mentre nei quartieri più periferici come Bagnoli, Pianura, Soccavo, Scampia, Barra, Ponticelli e San Giovanni a Teduccio il virus corre fino a 17 abitanti ogni 10 mila? Forse è anche «colpa» dei pochi tamponi se non si rilevano molti positivi.
«In genere sono le aree a più alta densità abitativa a favorire la circolazione del coronavirus — spiegano dall’azienda sanitaria — che, secondo i dati aggregati aggiornati al 5 ottobre scorso, fa registrare una mortalità del 3,63%». L’età media delle vittime si attesta intorno ai 74 anni, e la letalità maggiore (vale a dire il rapporto tra i decessi per Covid e gli ammalati) si attesta nei contagiati ultranovantenni. Sono 14 le vittime in questa fascia di età che registra il 58,335 di mortalità. Tasso che scende al 49,37% nella fascia 80-89 anni, che ha contato 39 vittime. Molto alta la mortalità anche tra i positivi che hanno tra i 70 e i 79 anni: i decessi sono stati 53 e il tasso di letalità del 35,57%. Tra i contagiati che hanno fino a 29 anni non si sono registrate vittime, mentre la mortalità tra i 30 e i 49 anni arriva al 2,06% con 5 vittime rilevate.
Attualmente a Napoli sono 2594 le persone che si trovano in isolamento domiciliare e altre 3290 sono in sorveglianza sanitaria. «Notiamo una preponderanza di positivi nella fascia di età tra i 44 e i 45 anni — commenta Alessandro Perrella, infettivologo del Cardarelli ed epidemiologo componente dell’unità di crisi regionale per l’emergenza sanitaria — con un range molto ampio che va dai 19 ai 55 anni di età. L’elemento trainante, per così dire, è la fascia giovanile: la mobilità dei ragazzi. Poi, occorrerebbe analizzare se al centro della diffusione del contagio vi siano aggregazioni sociali o micro cluster, cioè se si tratta di forti convivenze sociali, come possiamo supporre che avvenga nei quartieri più popolosi del centro, o gruppi e comitive, come immaginiamo si possa verificare, per esempio, nelle zone collinari».
Come si spiega, allora, che altri quartieri molto affollati, ma periferici, come Barra e Ponticelli, non forniscono indici di contagio così elevati? «Occorrerebbe analizzare il numero dei tamponi in quei quartieri — replica Perrella — e poi un altro aspetto del fenomeno, non secondario: la massa fragile tende a proteggersi da sola, una comunità di quartiere che avverte di sentirsi più debole, si spaventa e tende a difendersi come può. Mentre in altri quartieri popolari, dove il protagonismo sociale fa emergere un dato caratteriale diverso, di ispirazione, diciamo, più darwiniana, vale quasi la regola che è il più forte a prevalere sul debole e così la esposizione al rischio si fa più presente».
L’infettivologo «Tra i 44 e i 45 anni tanti colpiti, ma il range va dai 19 ai 55 anni»