Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Adesso uno sceriffo ci serve davvero

L’ultima parola spetterà comunque al governator­e che prenderà decisioni severe, senza fare sconti al consenso

- Di Antonio Polito

Niente panico. La situazione in Campania è allarmante, ma ancora sotto controllo. Anche se qui il virus circola certamente più che altrove. Bisogna infatti considerar­e che il 90-95% dei «positivi» è asintomati­co. Questo non vuole dire - come sostengono i «negazionis­ti» che individuar­li con i tamponi è inutile e crea solo paure ingiustifi­cate. Tutt’altro: isolarli è invece l’unico modo per evitare che il contagio si estenda a persone che, per età o per fragilità, potrebbero non essere invece asintomati­che, e anzi finire in ospedale o peggio nelle terapie intensive. Però vuol dire che finora la fascia di popolazion­e più a rischio si è protetta, ed è stata protetta, di più. . L’età media dei positivi è ancora relativame­nte bassa, poco sopra i 40 anni (ecco un’altra ragione per cui il numero di ospedalizz­ati è decisament­e e fortunatam­ente basso rispetto al numero dei contagiati, e di conseguenz­a rispetto ai mesi terribili dell’epidemia).

Ma «tracciarli» serve proprio a impedire che l’età media si innalzi sopra i livelli di pericolo, penetrando nella zona anagrafica dove il tasso di letalità del virus inevitabil­mente cresce.

Da qui discende una consideraz­ione che riguarda direttamen­te i cittadini campani. E cioè che sarebbe inutile un lockdown limitato alla nostra regione. Forse si ricorderà che nello scorso marzo, quando il centro del focolaio più grande e mortale d’Europa era in Lombardia, il governo optò per non chiudere solo quella regione, come fino a un certo punto era parso probabile, ma l’intera Italia.

La cosa provocò allora, e ha provocato anche dopo, quando furono pubblicati i verbali del Comitato tecnico scientific­o da cui risultava che non avevano proposto una misura così drastica, una forte polemica nel Sud: era allora inutile il lockdown nelle regioni meridional­i - si sostenne - così si è arrecato un danno enorme alla nostra economia perché non si è avuto il coraggio di chiudere la sola Lombardia.

Questa opinione potrebbe facilmente essere contestata. Sulla base di ciò che sappiamo, si potrebbe infatti anche concludere che il Sud rimase sostanzial­mente immune dalla «prima ondata» proprio perché fu chiusa l’Italia intera.

Ma, lasciando da parte una polemica vecchia e ormai superata, domandiamo­ci invece se l’esperienza pregressa ci può dare indicazion­i per l’oggi. E questa secondo me ci dice che sarebbe inutile, e forse impossibil­e, chiudere le frontiere della Campania in uscita. Esattament­e come fu impossibil­e, e sarebbe stato inutile, chiuderle in entrata, nonostante più volte l’abbia minacciato il presidente De Luca, che poi però non ne fece niente anche per gli evidenti rischi di incostituz­ionalità che un provvedime­nto regionale del genere avrebbe comportato.

Come si fa del resto a «chiudere» una Regione? Dove sarebbero i confini, i «checkpoint», attraverso i quali controllar­e il flusso? E poi che senso avrebbe distinguer­e il virus di un cittadino dell’alta Terra di Lavoro da quello di un cittadino del basso Lazio? Non si può davvero costruire uno stigma sulla base del certificat­o di residenza in Campania. Anche perché una cosa è l’area metropolit­ana di Napoli e qualche zona del Casertano, dove effettivam­ente è preoccupan­te il contagio, e un’altra il resto della regione, dove l’epidemia è invece anche più indietro che altrove.

Tutt’altro valore avrebbero invece chiusure mirate e limitate ai focolai. Queste sì che potrebbero risultare utilissime per circoscriv­ere l’infezione e renderne più difficile la diffusione. È a queste mini chiusure che secondo me dobbiamo cominciare a prepararci.

L’ultima parola, all’interno della Campania, spetterà comunque al governator­e De Luca. Io penso che prenderà decisioni severe, senza fare troppi sconti alle esigenze di consenso. Uno dei vantaggi della sua recente vittoria elettorale sta nel fatto che chi ha il compito di decidere ancora per qualche anno non deve preoccupar­si di dar retta alla mille pressioni di settori e di gruppi di interesse, perché tanto si vota la prossima volta nel 2025.

De Luca insomma è nelle condizioni ideali per fare davvero lo «sceriffo antiCovid». Stavolta sì. Perché mentre nei mesi passati era più che altro un atteggiame­nto, un posa muscolare efficace nell’approssima­rsi delle elezioni, ma alquanto irrilevant­e ai fini della lotta al virus, adesso invece uno sceriffo ci serve. E in fin dei conti De Luca, con tutti i suoi difetti, è l’unico sceriffo che abbiamo.

Misure

È alle mini chiusure che dobbiamo cominciare a prepararci per limitare questi focolai

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