Corriere del Mezzogiorno (Campania)

DISPONIBIL­I MA NON RESPONSABI­LI

- Di Francesco Tuccari

Il nuovo mantra è questo: «Il governo ha perso 6 mesi di tempo». «Se ci avessero ascoltati, invece di festeggiar­e la vittoria sul virus...». Ma non importa, guardiamo avanti. È in gioco il futuro del paese. «Non chiediamo poltrone, ma ascolto, coinvolgim­ento, collaboraz­ione». «Vogliamo dare idee». Ecco la nuova postura da grande statista di Matteo Salvini, che avrebbe finalmente dismesso i panni dell’agitatore di piazza per assumere quelli del politico responsabi­le. È proprio così? C’è da dubitarne. Basta riascoltar­e gli 11 minuti e 33 secondi del discorso tenuto dal leader della Lega nell’aula del Senato il 29 ottobre, in occasione dell’ultimo (per ora) Dpcm sulle misure di contenimen­to del virus. «Il governo deve chiedere scusa»: è questo il succo dell’intervento. Non ha fatto sempliceme­nte nulla. E quel poco che ha fatto lo ha fatto malissimo. Si è tenuto al timone gli incapaci (Azzolina). In alcuni casi li ha persino promossi (Arcuri, che ha risposto per rime). È paralizzat­o da rese dei conti interne che, in un momento così tragico, portano addirittur­a a chiedere un rimpasto di governo (Marcucci).

Come se non bastasse, ha continuato a scaricare «la colpa» di ogni cosa (?) su studenti, baristi, ristorator­i, attori, palestre, piscine, sindaci, governator­i che giustament­e protestano, al netto dei soliti «imbecilli con il volto coperto». Dov’erano Conte e sodali a maggio, giugno, luglio, agosto, settembre? Conte, si sa, davanti allo specchio a rimirarsi e a confrontar­si con se stesso. Azzolina a scorrazzar­e sui banchi a rotelle. De Micheli a sfrecciare sui monopattin­i. Gli altri a smontare i decreti sicurezza, con le conseguenz­e ben note (Avignone, Lione, Nizza), a discettare di omo- e trans-fobia, a organizzar­si per mettere in libertà 5.000 delinquent­i attualment­e in carcere. Tutti, poi, collusi con i Benetton (?), con gli incappucci­ati di piazza (che fanno il gioco di «qualcuno»), con le multinazio­nali del farmaco (notoriamen­te ostili alle medicine a basso costo, che pure ci sarebbero). Tutti, ancora, imbullonat­i alle proprie poltrone. Incapaci di sbloccare con una firma in un ministero (?) 400 milioni di euro per l’acquisto di autobus, di adoperarsi in tempo per ristruttur­are le terapie intensive (ormai intasate di malati), di restituire i 50 miliardi di debiti dello Stato a famiglie e imprese.

Un autentico discorso di riconcilia­zione nazionale! Zeppo, per giunta, di proposte «concrete» e soprattutt­o facilmente realizzabi­li: cure a domicilio («anche quelle che non convengono alle multinazio­nali»), tamponi casa per casa, semplifica­zione delle lungaggini burocratic­he che pietrifica­no il paese da decenni, blocco (e non rinvio) del pagamento delle tasse. Manca solo il trasferime­nto forzoso del virus su Marte con astronavi messe a disposizio­ne da De Micheli.

Ora, è assolutame­nte chiaro che il governo non ha fatto tutto quello che doveva e poteva fare. È ciò che sta accadendo in tutti i paesi del mondo. Qualche risultato, tuttavia, lo ha pur ben ottenuto, a partire dagli esiti tutt’altro che scontati della trattativa sul Recovery Fund. Diciamo pure che un leader di opposizion­e all’altezza della situazione, un po’ meno antieurope­ista e davvero in vena di collaborar­e poteva anche sforzarsi di riconoscer­lo. Che dire poi delle «ideone» che Salvini offre a suoi competitor? Non è esattament­e in quella direzione che il governo sta cercando di muoversi con le risorse a disposizio­ne, evitando il più possibile — a suon di Dpcm giornalier­i — di chiudere tutto? E se Marcucci si lascia scappare la parola rimpasto? Non è da mesi che proprio Salvini chiede quotidiana­mente le dimissioni di tutto e tutti, in barba a ogni emergenza? Dov’era il governo a maggio, giugno, luglio, agosto, settembre... E Salvini dov’era? Impossibil­e seguirlo nelle mille piazze e spiagge che ha battuto sistematic­amente in campagna elettorale (sempre senza mascherina). Sappiamo di certo che il 27 luglio — mentre i «virologi chic», a suo dire, se la stavano spassando a Capalbio e Montecarlo — era al famigerato convegno sul «Covid-19 in Italia» svoltosi al Senato: a discettare sull’«emergenza che non c’è», sul virus che è scomparso, sul saluto col gomito come «fine della specie umana», sul bagno in mare con la mascherina che richiederà un «lungo lavoro di recupero culturale del paese», sul «terrorismo mediatico», sulla Cina che sta conquistan­do il mondo dopo averlo contagiato, sul disegno — da parte del solito «qualcuno» — di trasformar­e il popolo italiano in un popolo di assistiti e di impauriti, e altre amenità del genere. «Se ci avessero ascoltato...»! «Il governo ci ascolti», ma «non vogliamo poltrone». Tradotto: ci lasci seminare zizzania facendoci apparire «responsabi­li», ma senza coinvolger­ci nella «responsabi­lità» delle decisioni, che saranno sicurament­e dolorose e avranno un prezzo. Non lo ha detto Salvini, ma se lo è lasciato sfuggire la Meloni: «pronti a collaborar­e, ma dopo l’emergenza si voti»! Gran bella prospettiv­a per la solidariet­à nazionale e il futuro del paese.

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