Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Adesso il Mibact aiuti tutti i teatri C’è chi è senza risorse»
Il sipario è calato per tutti i teatri, ma veder chiuse le saracinesche dell’Augusteo fa un effetto strano. Che si trasforma in tristezza se si pensa alla «regina» del teatro di piazzetta duca d’Aosta, Alba Caccavale, recentemente scomparsa.
Il sipario è calato per tutti i teatri, ma veder chiuse le saracinesche dell’Augusteo, nella piazzetta della Funicolare centrale a Napoli, fa un effetto strano. Che si trasforma in tristezza se si pensa alla «regina» del teatro di piazzetta duca d’Aosta, Alba Caccavale, recentemente scomparsa dopo il marito Francesco, storico patron del luogo. E se si sa che l’Augusteo non aveva ancora presentato un cartellone, nonostante sia ormai da anni stabilmente in classifica tra i primi teatri d’Italia per spettatori, spesso secondo solo al Sistina.
Ma Giuseppe Caccavale non ci sta. Lo ha detto forte e chiaro in occasione dei funerali della madre e lo ribadisce oggi: «Il momento è difficile per tutti, ma quando riapriranno i teatri, l’Augusteo i sarà».
Come mai non avevate riaperto prima della nuova chiusura?
«Perché ritenevamo antieconomico aprire per far delle piccole cose affrontando gli stessi costi. Un teatro del calibro dell’Augusteo, come tutte le grandi sale (la capienza è di circa 1400 spettatori, ndr) ha bisogno di occupare almeno il 60 per cento dei posti. Come si calcola nei teatri inglesi. Se le presenze sono inferiori al 50 per cento dei posti, purtroppo non vale la pena di aprire. In assenza di fondi...».
E i teatri che hanno aperto? Alcuni sono al vostro livello.
«Voglio essere chiarissimo. Esistono delle strutture che sono finanziate dal Mibact con il Fus, il fondo unico per lo spettacolo. E sono poche. Le altre, invece, semplicemente non lo sono e si tratta di una scelta discrezionale. Quando si fecero queste valutazioni, si basarono su alcuni parametri, ma non erano ben chiari i criteri».
Cosa intende? Ci sono state valutazioni che non hanno tengono conto degli spettatori, per esempio?
«Per esempio ci sono state delle valutazioni artistiche, che prescindevano da quelle reali, imponderabili insomma. I contributi dovrebbero essere per tutti, per tutte le compagnie e non solo per chi piace. E il ministero dovrebbe sovvenzionare ognuna delle nostre strutture, senza differenze».
La vostra poi è pure una struttura grande, famosa. Da voi è nato per esempio il successo di «Scugnizzi».
«I dati nazionali parlano chiaro e anche negli ultimi anni eravamo in espansione. Anche grazie a i tanti abbonati (4.000). Abbiamo avuto musical di successo come “Aggiungi un posto a tavola” e “Mamma mia”. E abbiamo sempre avuto requisiti non da tutti, a partire dalle collaborazioni e le convenzioni con le con l’università e i centri di formazione. Faccia lei».
Alla fine non avete avuto fondi. E al resto delle sale come è andata?
«Ci sono teatri meritevolissimi che hanno usufruito deil fondi ministeriali. E poi hanno avuto anche quelli della legge 6 della Regione Campania, quelli sì distribuiti in maniera automatica e non discrezionale».
E non bastavano per restare aperti. O per restare chiusi ma ristorare le famiglie dei lavoratori?
«No. Tenga conto che solo l’Augusteo ha circa 50 dipendenti e quindi le famiglie sono 50... Non bastano quei fondi per mettere su produzioni e coinvolgere tutti. Se prendessi invece gli 800 mila euro del Fus, metterei su due stagioni non una. Assumendo tutto il personale. Così, invece, al momento non si può tenere aperto».
Avevate pensato a una stagione smart, intanto?
«Avevamo da recuperare le nostre produzioni, da “Carosone, l’americano” con Andrea Sannino, su cui puntavamo molto e alla quale abbiamo molto lavorato, agli spettacoli di Carlo Buccirosso e Serena Autieri».
E soluzioni tipo quella del plexiglass in platea, come al San Carlo?
«Sono difficoltosissime. E avevamo problemi da risolvere prima, come la cassa integrazione per i dipendenti che, anche quella, tardava ad arrivare. Sono state annunciate tante misure per noi, ma ci è arrivato ben poco da redistribuire. Per questo invito a ridisegnare il Fus e a intervenire immediatamente distribuendo equamente i finanziamenti per tutti e non solo per pochi. Non possiamo avere solo il contributo compensativo per i mancati incassi. E al momento c’è ancora in atto una forte discriminazione tra i sovvenzionati dal ministero e quelli che non lo sono».
Ma perché nn ci avete pensato prima? E ora?
«Tutti i teatri che non rientrarono nei requisiti fecero ricorso al Tar, che poi si bloccò al Consiglio di Stato. Ora cosa succederà? Se si va avanti così, in molti cesseranno l’attività e si assisterà a una lunga serie di chiusure».
Alcuni dicono che i fondi alla fine fanno diminuire le produzioni facendo «sedere” i teatri sugli allori. È così?
«Vero, da quando c’è il Fus, si sono ridotte le compagnie in circolo e le produzioni. Le sembrerà paradossale, ma è la stessa storia di quelli che ottengono il reddito di cittadinanza e non cercano più di lavorare... Alla fine in molti casi è calata pure la qualità delle proposte e degli artisti. Ho nostalgia di quando tutti prendevamo un decimo e riuscivamo a tirare su stagioni con molti sacrifici».
Sacrifici che intendete fare anche per la prossima stagione?
«Certamente, questo lo posso garantire a tutti. Ce la faremo. L’Augusteo, al momento giusto, ci sarà. Lo devo a mia madre e mio padre. E accanto ho mia moglie, una pedina fondamentale del rilancio del nostro amato Augusteo».
La denuncia
È in atto una forte discriminazione tra i sovvenzionati con il Fus e coloro che non lo sono per un giudizio discrezionale (contro cui facemmo ricorso al Tar)