Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’effetto Covid sulla giustizia
Ci mancava solo il Covid a complicare ulteriormente la «questione giustizia» in questo Paese. Premesso: la seconda ondata di contagi è stata mal gestita, con un indecoroso minuetto tra Governo centrale e Regioni.
Una situazione che rischia di produrre effetti pure sulla sicurezza e l’ordine pubblico. Sono giorni che, da giurista ma anche da consigliere regionale della Campania, ricevo numerose segnalazioni in merito alle decisioni di alcuni magistrati di non disporre gli arresti per gli autori di reati anche di una certa gravità adottate con la motivazione, per me singolare, di evitare un affollamento delle carceri. «No alle misure cautelari perché affollano gli istituti penitenziari e no agli obblighi di firma perché costringono ad andare in giro»: frasi come queste, non solo echeggiano ormai di frequente nelle aule di giustizia, ma in questi termini si è espresso persino il procuratore generale presso la Corte di Cassazione.
Eppure sono indicazioni che, di fatto, costituiscono delle deroghe alle regole, ai precedenti e alla stessa ordinaria «gestione della giustizia» che ciascun magistrato è tenuto a garantire, in nome della legge. Insomma, siccome negli istituti penitenziari vi sarebbe un forte rischio di contagio da Covid per i detenuti, questa sarebbe una buona ragione per evitare di mettere (almeno alcuni) ladri e criminali dietro le sbarre.
Non sono d’accordo. In un’area già «calda» sotto il profilo sociale come la Campania, in particolar modo alcuni quartieri di Napoli, questa deroga — improvvisa e non richiesta — non ce la possiamo proprio permettere. Dobbiamo tener conto della nostra realtà dove, alla pervasività delle organizzazioni criminali, si aggiunge un disagio sociale crescente che sfocia spesso nell’illegalità.
Non lasciare in libertà soggetti che delinquono abitualmente o vivono in un contesto organico alla malavita è dunque una priorità. E comunque, nel nome di un’astratta attività di prevenzione sanitaria, possono mai lasciarsi indifesi i cittadini onesti, esponendoli a nuovi rischi? Alla magistratura non è richiesto di esercitare questa (ennesima!) funzione di supplenza, rispetto a responsabilità che competono alle Istituzioni di governo, in questo caso d’intesa con le autorità sanitarie competenti. Il delicato tema del bilanciamento tra diritto alla salute individuale e pubblica e gli altri diritti costituzionalmente garantiti è materia di confronto istituzionale, e semmai oggetto di dibattito tra giuristi: non può diventare occasione per scorciatoie che producono soltanto un aggravamento delle condizioni di sicurezza sociale.
Non è retorica, nè tantomeno questione politica. È un punto etico per una società complessa come la nostra: non si può derogare ai principi basilari di rispetto della legge perché lo Stato non sa dove mettere chi viene colto a delinquere oppure perché non riesce a contenere l’onda di contagi. Non se lo meritano le forze dell’ordine impegnate tutti i giorni in prima linea tra mille problemi. Non se lo meritano i magistrati che lottano contro la camorra, cercando di scardinarla e di ridurne l’influenza sul territorio. Non se lo meritano i tanti cittadini onesti che non vogliono ritrovarsi per strada potenziali criminali soltanto perché le carceri sono già piene. Troppi hanno la memoria corta in questo Paese. Eppure solo pochi mesi fa, la scarcerazione di circa 500 detenuti macchiatisi di reati di stampo mafioso, adottata in forza di una circolare del Dap assolutamente superficiale, con la “complicità” del grillino ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, ha già arrecato un’ulteriore offesa all’immagine della nostra Giustizia, scatenando una forte ondata di riprovazione sociale che non ci possiamo permettere.
Del resto, il successivo «decretino» varato da questo governo superficiale per rimediare all’errore-orrore, con ogni probabilità cadrà sotto i colpi della Consulta per incostituzionalità. Insomma, regna il caos. Ecco perché mi permetto di chiedere che si ripristini un minimo di ordine. Anche sotto il versante dell’amministrazione della giustizia la situazione emergenziale che stiamo vivendo – a cominciare dalla nostra regione - non si può affrontare con scorciatoie lasciate alla fantasia di interpreti, sia pure in buona fede. Tutti i soggetti coinvolti nella lotta al crimine (spicciolo oppure strutturato) devono sedersi ad un tavolo istituzionale per scegliere le azioni più idonee a fornire le risposte necessarie anche a questo tipo di problematiche. Lo possono e lo devono fare, però, senza arretrare di un solo millimetro rispetto all’affermazione della legalità.