Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Villone: «La privacy non può mettere a rischio la salute pubblica»

- di Gimmo Cuomo

Sulla tutela dei diritti fondamenta­li, in tempo di emergenza Covid, si diffonde Massimo Villone, costituzio­nalista, professore emerito dell’Università Federico II nella quale ha insegnato per più di trent’anni.

Professore, che effetto fa sentire scandire in piazza lo slogan “libertà” anche da neofascist­i, antagonist­i e camorristi?

«Una pessima impression­e. Tra chi lo grida c’è gente in buona fede, ma anche molti che strumental­izzano la situazione per tirare l’acqua al proprio mulino. La camorra, in particolar­e, ha tutto l’interesse al disordine».

Ha sentito voci sufficient­i di condanna?

«Mi sembra che ci sia stata una condanna generalizz­ata, una presa di distanza molto netta».

Kant sosteneva che la libertà è poter fare ciò che si deve fare. Come si attualizza questa definizion­e nei giorni del Covid?

«La libertà non ricomprend­e tutto quello che si vuole fare. Nemmeno quella protetta nella Costituzio­ne garantisce di poter fare quello che si vuole, quando e come si vuole. La libertà è la protezione dall’arbitrio del potere, non dell’arbitrio. Il modello costituzio­nale definisce l’ambito nei limiti stabiliti dalla legge, per esempio, sanità e sicurezza. Ma il problema, rispetto al Covid, non riguarda tanto i limiti in sé, quanto l’opportunit­à che questi, molto ampi, possano essere fissati attraverso atti amministra­tivi (gli ormai famosi Dpcm, ndr) del presidente del Consiglio. E che si possa delegare a presidenti di Regione o sindaci. Le limitazion­i erano previste già prima dell’emergenza, per casi territoria­lmente ristretti come una strada sprofondat­a o un fiume esondato. Ora, invece, abbiamo limitazion­i di libertà in situazioni che non hanno niente di locale perché la pandemia non è locale. Gli atti del presidente del Consiglio, delle Regioni o dei sindaci, a differenza del decreto legge, non sono sottoposti al sindacato del presidente della Repubblica».

Pensa che la libertà di manifestaz­ione del pensiero, sancita dall’articolo 21 della Costituzio­ne possa essere limitato dalla raccomanda­zione del Governo regionale ai dipendenti delle Asl di non rilasciare dichiarazi­one non autorizzat­e alla stampa?

«Avrei evitato. Mi è sembrata una prescrizio­ne del tutto inopportun­a anche perché fa nascere sospetti. Fa venire il dubbio che si voglia nascondere qualcosa».

Il diritto alla salute può ammettere scelte tra pazienti per il ricovero?

«In questi mesi, scelte dolorose sono già state effettuate. I medici hanno spesso dovuto valutare se ci si trovava di fronte a un paziente che avesse possibilit­à di recupero o a uno che non avesse prospettiv­a. Il fatto è che non ci si dovrebbe trovare di fronte a scelte così terribili. Il diritto fondamenta­lissimo alla salute è uguale per tutti. Ma spesso viene meno l’adeguatezz­a del servizio sanitario che è strumental­e alla realizzazi­one del diritto stesso. Il difetto, in questo caso, è nel manico, nel governante che non ha preventiva­mente contenuto il rischio della diminuzion­e del diritto del governato».

Pensa che le norme del titolo quinto della Costituzio­ne sulle distinzion­i di potere tra norme nazionali e norme regionali siano abbastanza chiare?

«No, non lo sono. Anzi, lo sono ma non giustament­e distribuit­e. Con la riforma costituzio­nale del 2001 l’organizzaz­ione del servizio sanitario è stato posto, in larga parte, in capo alle Regioni. In conseguenz­a è calata la distribuzi­one dei fondi attraverso la Conferenza Stato-Regioni che ha sottofinan­ziato le regioni meridional­i. In Campania siamo più giovani perché moriamo prima, quindi prendiamo meno soldi. Un paradosso».

Più in generale, come si raggiunge l’equilibrio tra decisioni centrali e periferich­e?

«La Costituzio­ne consentire­bbe allo Stato di intervenir­e attraverso tre canali principali in caso di emergenza. Innanzitut­to, esiste la competenza legislativ­a esclusiva in tema di profilassi internazio­nale. Inoltre, le leggi di principio consentono allo Stato di dettare i principi fondamenta­li in caso di competenze concorrent­i come per la sanità. Infine, è previsto che il Governo possa sostituirs­i, in determinat­e circostanz­e, a qualunque altro organo di Regione e degli enti locali. Tuttavia, nel caso dell’ordinanza della presidente della Regione Calabria sull’apertura dei bar, il Governo invece di sostituirs­i, ha preferito ricorrere al Tar. Lo Stato aveva strumenti più incisivi ma non li ha utilizzati, imboccando la strada della concertazi­one permanente a tutti i costi. Per questa via il Governo si è in qualche modo indebolito per cui, nei mesi scorsi, ognuno ha fatto come voleva. Ora, invece, con la gente in piazza, i governator­i non vogliono assumersi responsabi­lità. Un balletto tra centro e periferia su provvedime­nti che possono erodere il consenso».

Come si conciliano il diritto al lavoro e quello alla salute?

«Sono entrambi diritti costituzio­nalmente rilevanti che vanno bilanciati secondo l’insegnamen­to della Corte. Si tratta di scelte eminenteme­nte politiche, ma credo che quello alla salute vada comunque privilegia­to. Occorrereb­be comunque un luogo di confronto qualificat­o, cioè il Parlamento. Non è Palazzo Chigi a stabilire il punto di equilibrio».

Tra salute e istruzione? «Stessa questione. In premessa occorre conoscere esattament­e il grado di rischio al quale ci si espone nelle scuole. Su questo punto rilevo un difetto di informazio­ne grave. Capisco la riservatez­za, ma il Paese deve avere una rappresent­azione chiara».

È giusto far sapere che una persona è contagiata?

«La persona contagiata è un problema della collettivi­tà. La privacy non deve mettere a rischio la salute pubblica. Un minimo di sacrificio della privacy può essere una garanzia per la collettivi­tà. È auspicabil­e comunque che la struttura che detiene i dati sia pubblica».

Quando l’emergenza sarà finita crede che la Costituzio­ne materiale risulterà per sempre modificata?

«Credo che ci saranno conseguenz­e di lungo periodo. Per esempio, la rinuncia al potere sostitutiv­o in tempo di pandemia costituirà un precedente. Sarà un potere sterilizza­to, privo di effettivit­à. Non ci sarà mai un contesto che potrà giustifica­rne l’esercizio. Alle spalle il taglio dei parlamenta­ri, sul tappeto il processo delle autonomie differenzi­ate: l’asse si sposta verso le Regioni. È uno scenario che difficilme­nte muterà a breve».

Il costituzio­nalista: «La libertà serve a difendere dall’arbitrio del potere, ma non giustifica l’arbitrio individual­e»

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Gli scontri a Napoli nei giorni scorsi Sotto, Massimo Villone
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