Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Firenze popolata soltanto dai militari
Zona rossa e lockdown in Calabria sono light. Da Cosenza a Reggio Calabria, passando da Vibo Valentia, le contestazioni sono all’ordine del giorno. Dai commercianti e ristoratori ai tanti precari, le piazze sono animate dalle folle in protesta. Si fa fatica ad accettare le restrizioni. Soprattutto, quando la decisione non è collegata al numero dei contagi, ma al rapporto con gli scarsi posti letto in ospedale. Quindi, dalla parrucchiera o in cartoleria, visto che il Governo non li ha chiusi, qualcuno dovrà pure andare. E pazienza se non sono indicati tra i motivi previsti dall’autorizzazione. Stessa storia per un elenco di attività commerciali lasciate in libertà. Sembra il ritornello che accompagna le tante macchine lungo le strade e i passanti del centro storico di Cosenza. A Reggio Calabria, il sindaco Giuseppe Falcomatà, in un post, ha parlato di «troppa gente in giro» di fronte alle immagini della folla a passeggio sul lungomare cittadino. La risposta è stato l’ennesimo corteo con striscioni di opposizione. Al momento, il vero lockdown pare esistere solo nelle ore serali. A fare da ciliegina sulla torta, non tutti gli enti pubblici osservano lo smart working alla lettera. Ci si sta ancora organizzando. Così, dal lunedì al venerdì, si esce di casa per svariati motivi. Dopo circa due settimane di zona rossa, qualcosa però sembra muoversi. Una nuova consapevolezza, dettata dalle immagini di alcuni ospedali calabresi abbandonati a se stessi. Disponibilità di posti letto contati sulle dita di una mano. Tracciabilità pari allo zero e migliaia di tamponi da processare, in attesa dell’aiuto dei laboratori da fuori regione.