Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Faccio rinascere i vecchi pc E così i ragazzi poveri non finiscono fuori scuola»
Un «tablet sospeso» per far seguire la Dad a chi non può
Un personal computer giunge a Meta, non nel senso rugbyistico del termine ma, letteralmente, a Meta di Sorrento, comune dell’area sorrentina. La penisola che fa da ultima propaggine della provincia di Napoli fa da sfondo ad un’iniziativa nata sull’onda della tradizione partenopea del «caffè sospeso» e del più recente rito del «tampone sospeso» diffusosi in Campania negli ultimi giorni.
Il «tablet sospeso», nato per aiutare gli studenti della Penisola Sorrentina, è frutto della creatività e dello spirito solidale di Eugenia Di Leva, mamma di due studentesse della scuola secondaria. L’iniziativa è nata da un post su Facebook ed ha avuto come immediato obiettivo quello di soccorrere decine di bambini e ragazzi, da Piano di Sorrento a Meta, passando per Sant’Agnello, Massa Lubrense e la stessa Sorrento, epicentro della distribuzione dei device. A metà ottobre, in concomitanza con la chiusura delle scuole campane, l’imprenditrice sorrentina ha ricevuto una richiesta di aiuto: «Una signora che conoscevo mi chiese se avevo un tablet in più da prestarle per permettere al figlio di seguire le lezioni della didattica a distanza. Non avevo a disposizione alcun device in casa e ho deciso di scrivere un post sul mio profilo Facebook, per dare un aiuto immediato a questa persona», spiega Di Leva, che oggi dirige la scuola «q.b.» di Sorrento, specializzata in corsi di cucina per bambini.
La Di Leva è nota da anni in quest’area campana per le sue tante iniziative solidali condotte sul territorio; il suo post e la sua bacheca Facebook si sono trasformati, nell’arco di poche ore, in un altoparlante per mamme, famiglie e studenti della Penisola. “Dal 17 ottobre in poi ho ricevuto decine di telefonate quotidiane di persone che volevano donare i loro personal computer e i loro tablet usati, ma anche contatti da persone che avevano bisogno di device elettronici per consentire la DAD ai propri figli” commenta Eugenia Di Leva, che nelle settimane ha trovato un alleato, il tecnico informatico Vittorio Acampora: “La sua Meginet, nel centro di Sorrento, si è trasformata in un ‘ospedale da campo’ per pc e tablet e ogni giorno una piccola squadra di tecnici dedica parte del suo tempo a riparare gratuitamente questi apparecchi a scopo solidale. Tantissimo lavoro si nasconde dietro queste riparazioni, tra alimentatori da sostituire, resettaggi e pezzi di ricambio da procurare, spesso reperibili solo su Amazon o su siti per appassionati di informatica». La quarantasettenne inventrice del «Tablet sospeso» sta personalmente sostenendo le spese di riparazione dei differenti device ma «alcune piccole collette a sostegno dell’iniziativa sono state organizzate a Sorrento, dopo che si è sparsa la voce».
Quali sono i motivi dell’immediato riscontro di questa iniziativa? «Innanzitutto molte pratiche di bonus scolastici per i device elettronici non sono state evase. In una scuola del territorio sorrentino, ad esempio, sono stati distribuiti solo quarantuno tablet a fronte di una platea di 850 ragazzi, meno del 5% del totale degli studenti dell’istituto – commenta Eugenia Di Leva – e poi a ciò si aggiungono elementi di natura personale. Molte mamme, infatti, hanno vergogna di presentare alle segreterie scolastiche il loro modello Isee e non hanno voglia di rivelare l’impossibilità economica di affrontare l’acquisto di un tablet o di un Pc portatile. I loro figli, quindi, sono spesso costretti a seguire le lezioni dai cellulari dei genitori».
Finora sono trentacinque i computer distribuiti, in comodato d’uso, ad altrettanti studenti dei comuni dell’area sorrentina: «Abbiamo aiutato circa una trentina di alunni, dalle elementari alle superiori, e anche un paio di studenti universitari – spiega la Di Leva – Allo stato attuale abbiamo altre richieste per una quindicina di Pc e poco meno di dieci computer in riparazione, da poter distribuire nei prossimi giorni».
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L’emergenza
Molti hanno vergogna di dire che non possono permetterselo e a pagare sono i loro figli