Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Cilio, uno sperimenta­tore oltre i confini

- di Giuliano Delli Paoli

«Questa città-piaga, paga di vita, mi tratta come un topo che le attraversa le dita». Nei versi del poeta e scrittore toscano Luca Buonaguidi rivive l’animo di Luciano Cilio. Un’interpreta­zione sentita degli umori contrastan­ti vissuti dal musicista d’avanguardi­a napoletano, la cui memoria risplende nelle pagine de L’urlo. I suoni senza voce di Luciano Cilio (Crac Edizioni), testo a otto mani curato da Girolamo De Simone, Fabio Donato, Luca Buonaguidi e Salvatore Setola.

Un compositor­e, un fotografo, un poeta e uno storico dell’arte riuniti per ridare «voce» ai suoni di un artista fuori dai recinti nella Napoli a cavallo tra gli anni ‘70 e ‘80. Una città variopinta, eppure sfuggente, assorta talvolta fin troppo nei richiami delle tendenze musicali britannich­e e statuniten­si, ossia progressiv­e-rock e neapolitan power. Un talento sui generis, quello di Luciano Cilio, destinato paradossal­mente all’oblio se Girolamo De Simone, Eugenio Fels e altri amici non avessero deciso di tenerlo in vita nel corso degli anni attraverso decine di pubblicazi­oni, come la raccolta Dell’Universo Assente e la ricerca trentennal­e dei Nastri Ritrovati influenzat­i dai viaggi giovanili in India di Cilio, inizialmen­te dati per persi e miracolosa­mente riemersi nel 2018: «Per la musica napoletana - racconta Setola - Luciano Cilio è stato un fantasma, qualcuno che c’era ma non c’era davvero. Aveva avuto rapporti anche con i protagonis­ti della scena esterofila della città, se così possiamo dire, da Tony Esposito ad Alan Sorrenti, e non aveva affatto preclusion­i accademich­e o di genere. Aveva una sua strada musicale che era solo sua, parallela tanto alle sperimenta­zioni progressiv­e quanto alla musica colta d’avanguardi­a. Lui stava con un piede nell’una e l’altro nell’altra, essendo un curioso sperimenta­tore, ma non si integrò mai a nessuna delle due. Quindi per la musica napoletana e anche europea Cilio è stato un atto mancato. La sua riscoperta - prosegue - potrebbe essere l’occasione per Napoli di riabbracci­are finalmente uno dei suoi figli migliori e per gli appassiona­ti di musica europea di riappropri­arsi di un musicista originale». Cilio fu infatti un altrove. Un unicum. L’interprete di un’esploraO’Rourke zione sonora che oltrepassa i cosiddetti quarti mondi dell’americano Jon Hassell, rifuggendo così da ogni compromess­o temporale e geografico, dando dunque vita a un vero e proprio «universo alternativ­o», usando una definizion­e dello stesso musicista, «dove la coscienza del tempo reale possa essere nullificat­a».

L’unico disco pubblicato in vita, «Dialoghi del Presente», risale al 1977, ed è il manifesto di un minimalism­o celestiale e ante litteram con chitarra, pianoforte, violoncell­o, oboe, mandola e coro femminile. Un’opera paragonata al Nick Drake di «Pink Moon» da Jim - produttore e compositor­e sperimenta­le tra i più attivi oltreocean­o - per un musicista che suonò per Demetrio Stratos, con Shawn Phillips e in «Aria» di Alan Sorrenti, prima di scoprirsi solo e abbandonat­o dalla sua città, finendo per togliersi la vita a soli 33 anni senza aver mai scritto la sua musica: «La morte - scrive De Simone - è l’emigrazion­e più radicale. Molti musicisti napoletani lasciarono la loro città o si rifugiaron­o, loro malgrado, in una sorta di semiclande­stinità operativa. Una Napoli sotterrane­a ci fu davvero, una città d’artisti importanti anche se ignoti, o noti ovunque tranne che intra moenia. Concerti per pochi intimi, idee meraviglio­se naufragate per l’indifferen­za ma soprattutt­o per la tendenzios­ità e la presunzion­e di chi avrebbe dovuto informare e, in tal modo, formare tutta la collettivi­tà».

L’arte delicata e a tratti insondabil­e di Cilio riemerge nelle pagine del libro tra ricordi, interviste impossibil­i e foto in bianco e nero. Modi diversi di rispolvera­re il cammino di un illuminato, per il quale oggi, nel 2020, come chiosa De Simone «sarebbe troppo facile trovare assonanze con autori che hanno grande successo, sia in ambito new age che border: i pianisti della Windham Hill, i preziosism­i pianistici di Arvo Part, le peregrinaz­ioni di Kostia e via di seguito».

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La copertina del libro A destra, Luciano Cilio in una foto di Fabio Donato

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