Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Maradona re anche al cinema I racconti di Risi e Kusturica
Celebrato due volte da Nino D’Angelo
Nessun altro calciatore come Diego Armando Maradona ha stuzzicato la fantasia di registi e sceneggiatori di mezzo mondo. Il primo e unico film interamente dedicato a lui é «Maradona. La mano de Dios» (2006) di Marco Risi, che parte dal suo ricovero in ospedale in Argentina e, in flashback, racconta quando «el pibe de oro» faceva magie nei campetti di periferia di Buenos Aires e del suo arrivo a Napoli. Più attento a narrare le vicende umane che calcistiche, Risi lo descrive come un ragazzo fragile, insicuro, ma pieno di vita.
E se in «Quel ragazzo della Curva B» di Romano Scandariato Nino D’Angelo e gli altri ultrà cantano il mitico brano «Maradona è meglio e Pelé», composto da Emilio Campassi, in «Tifosi» (1999) di Neri Parenti, lo stesso D’Angelo è un ladro che compie un furto in un appartamento. Ignaro che é del suo idolo Diego Armando Maradona, che appare nel film nei panni di se stesso.
Diversi, invece, i doc su «la mano de Dios». Il primo è «Amando a Maradona» (2005), diretto dallo spagnolo Javier Vasquez, ricco di immagini che ripropongono le gesta calcistiche del campione argentino, che valevano da sole il prezzo del biglietto. Più toccante «Maradona di Kusturica» (2008). Il regista serbo intervista Diego Armando Maradona e compone un ritratto intimo e privato di un calciatore mai asservito al potere, che lancia strali contro Havalange, Blatter, Matarrese e gli altri padroni del calcio e come un «rivoluzionario» che, senza peli sulla lingua attacca il governo imperialista americano, la politica della globalizzazione, tesse le lodi di Fidel Castro e di Chavez e prende nettamente le distanze da Margaret Thatcher, responsabile della guerra delle Malvinas-Falkland. Kusturica chiude in bellezza il suo doc con la bellissima «La vida tombola» cantata da Manu Chao, dedicata al campione argentino.
Da segnalare il bel doc «Maradonapoli» di Alessio Maria Federici ( 2017) che, pur mostrando Maradona solo in qualche immagine di repertorio, narra i ricordi dei tifosi del Napoli legati a quel fatidico 30 giugno 1984, quando Maradona fece la sua prima «apparizione» nello stadio San Paolo. Un doc commovente, che omaggia un campione che ha difeso e portato in alto il Napoli e la città, compiendo il «miracolo» di far vincere alla società calcistica due scudetti e altri prestigiosi trofei. Ne esce un ritratto di un popolo che, mescolando sacro e profano, lo venera ancora oggi come un Dio pagano, come un santo al pari di San Gennaro.
Non merita, invece, la visione «Diego Maradona» (2019) di Asif Kapadia, andato in onda ieri sera su Rai 3 al posto dello show Rai di Massimo Ranieri. Più che le funamboliche giocate del fuoriclasse argentino al regista di origini indiane interessa, con un furore di stampo scandalistico, mostrare la discesa negli inferi di Maradona, tra cocaina e notti brave e dipingere Napoli come una città di vizi e di malavitosi.