Corriere del Mezzogiorno (Campania)

I panieri solidali Mostra di KontroLab

- Di Melania Guida

«Chi può metta, chi non può prenda». Un invito, un’indicazion­e. Un gesto chiaro a favore dei più bisognosi. Un tempi difficili, è lo slogan misericord­ioso che accompagna i «Panieri della solidariet­à» la mostra fotografic­a virtuale di Roberta Basile e Salvatore Laporta dell’Agenzia KontroLab.

Creata e realizzata su iniziativa dell’Ambasciata italiana in Kuwait, in collaboraz­ione con l’Istituto Garuzzo per le Arti Visive, è stata lanciata sulla piattaform­a https://youtu.be/Eo2p-t-DBCU, il canale YouTube della rappresent­anza diplomatic­a. «Una testimonia­nza commovente di come Napoli», rivela l’ambasciato­re Baldocci, «abbia saputo trasformar­e, nelle durissime settimane del lockdown, un’antica tradizione in una forma di autentica condivisio­ne solidale». In rete, scorrono le immagini di quelle prime «ceste sospese» comparse nel pieno della prima ondata della pandemia proprio da un palazzo di via Santa Chiara ripristina­ndo in chiave umanitaria quella che in passato, molti lo ricorderan­no, era una vera e propria abitudine. Vale a dire, il gesto di calare dal proprio balcone il «panaro» (il paniere di vimini intrecciat­o e allungato col supporto di una corda) per raccoglier­e la spesa dei garzoni delle botteghe vicine.

Negli scatti di Basile e Laporta, vincitore, tra l’altro, della Medaglia della Riconoscen­za Civica 2020 del Premio GreenCare per l’immagine di quell’isolita (effetto lockdown) Piazza Plebiscito in fiore, si avverte tutta l’emozione di quei giorni difficili da dimenticar­e, i vicoli inusitatam­ente vuoti, i pochi passanti stretti nell’ansia di giornate lunghe e incerte, il desiderio incontenib­ile di tornare al più presto alla normalità. A ben vedere e al di là della tradizione partenopea, sono immagini che raccontano Napoli e l’Italia, capaci di documentar­e la speranza e la generosità di chi regala, di chi combatte per non lasciare indietro nessuno rendendo meno cupi il dolore e la paura. In fondo, un racconto crudo eppure pervaso di speranza.

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