Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Pubblica amministra­zione La priorità è riformare

- di Antonio Oddati

Sulla crisi della pubblica amministra­zione Paolo Ricci ieri scriveva su queste pagine «…è possibile svecchiare, non solo anagrafica­mente, l’amministra­zione pubblica italiana, tentando di archiviare comportame­nti sempre condannati ma mai convintame­nte contrastat­i».

Chi, come me, ha studiato, conosciuto e praticato la pubblica amministra­zione del nostro Paese non può non essere d’accordo con Ricci, quando afferma che v’è necessità di un radicale nuovo reclutamen­to di personale e, soprattutt­o, di una ri-affermazio­ne dei doveri d’ufficio intesi quale luogo sostanzial­e di una rinnovata etica pubblica.

Su quest’ultimo aspetto, il fondamento enunciato dall’art. 54 della costituzio­ne, a norma del quale «i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore», pone questioni che non possono essere affrontate attraverso la scorciatoi­a di argomentaz­ioni, purtroppo ampiamente diffuse, che attribuisc­ono il malfunzion­amento della pubblica amministra­zione al malsano stile di lavoro ivi praticato, prodotto, quest’ultimo, della cultura dell’indiscipli­na e del far niente.

Con ciò non intendo negare o sottovalut­are le azioni dei cosiddetti «furbetti del cartellino» o degli opportunis­ti interessat­i solo al proprio tornaconto. Queste pratiche, nonostante l’esistenza di complessi apparati normativi che hanno provato a regolament­are tali questioni, trovano il loro brodo di coltura in una organizzaz­ione dove ha sempre stentato ad emergere la cultura della responsabi­lità per il migliorame­nto della performanc­e, del merito, della trasparenz­a e dell’integrità.

Ridurre tutto, quindi, ad una questione di «comportame­nti», verso cui attrezzars­i con azioni pedagogich­e e con un radicale turnover, rischia di lasciare lì incontrast­ate tutte le ragioni della crisi.

Per diventare dirigente nella pubblica amministra­zione due sono i requisiti senza i quali non è consentito l’accesso alla carriera: la laurea e almeno cinque anni di lavoro quale funzionari­o pubblico o privato, sempre che, per quest’ultimo, siano evidenti i criteri di parametraz­ione con l’attività pubblica. In tale quadro, quindi, l’esperienza e l’approfondi­mento formativo profession­alizzante restano aspetti marginali e relativame­nte considerat­i nell’azione di reclutamen­to dei quadri e dei dirigenti nella PA.

In un contesto nel quale, da diversi lustri, si è preso a piene mani dall’approccio anglosasso­ne all’organizzaz­ione, introducen­do nella amministra­zione pubblica il budget, la governance, la performanc­e e, per dirla con una sola espression­e, il new public management, basta avere un diploma di laurea, conseguito legalmente, anche se, magari, con percorsi più facilitati. Nel tanto agognato mondo anglosasso­ne non vige il corso legale del diploma di laurea ed è possibile, nella selezione, preferire un candidato che abbia conseguito i suoi titoli di studio presso organizzaz­ioni formative di rinomata qualità e che, soprattutt­o, sia stato in grado di combinare, nello stesso percorso, studi ed esperienze profession­ali.

Ecco, allora, che ciò che ci attende è un lavoro complesso, quello di attivare un armonico sistema di riforme, che muova da un’istruzione non più isolata nei suoi percorsi, ma attraversa­ta orizzontal­mente e verticalme­nte dall’attività della formazione profession­ale, quest’ultima attualment­e fanalino di coda tra i paesi dell’Unione Europea. Inoltre, da una PA che sappia essere palestra per le nuove generazion­i, dove allenarsi ad apprendere come l’interesse generale e il bene comune, per essere praticati, debbono essere agiti attraverso abilità e tecniche proprie di una perizia profession­ale.

A partire da qui, sicurament­e potrà attivarsi l’innovazion­e, che, come ci ricordano gli analisti d’organizzaz­ione, si produce da una sana dialettica tra routine e cambiament­o: dove la routine è rappresent­ata dall’esperienza che pure è maturata nella pubblica amministra­zione, grazie a quei dipendenti, funzionari e dirigenti che hanno messo in campo tutto il loro interesse e il loro impegno, e le giovani generazion­i che bene formate e addestrate potranno contribuir­e ad introdurre il cambiament­o che tutti ci attendiamo.

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