Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La storia sotto il cappuccio Restaurato il copricapo del compatrono di Napoli
Storia e spiritualità sotto un cappuccio. È quello seicentesco di Giovan Giuseppe della Croce, il santo più amato di Ischia e compatrono di Napoli che, raccontano le cronache, fu visto passeggiare per i vicoli della città sospeso a mezz’aria. La levitazione, infatti, era tra i suoi carismi che comprendevano anche bilocazione, profezia, lettura dei cuori e apparizioni. Il suo cappuccio è un oggetto totemico per l’isola anche perché pare che il santo lo abbia indossato senza soluzione di continuità per ben 64 anni. Alla conseguente usura si è aggiunta quella dei secoli cosicché a don Carlo Candido della Collegiata dello Spirito Santo non rimaneva che il restauro. «Il parroco — dice l’archeologa Maria Lauro — mi ha dato l’incarico di provvedere e l’ho fatto grazie alla competenza di Marilena Bergantino, esperta di tessuti antichi e collaboratrice della famosa
Lucia Portoghesi. Il cappuccio di lana grezza è risultato essere di chiara foggia alcantarina e con alcune toppe e rammendi».
Giovan Giuseppe era detto anche «frate cento pezze» perché per tutta la vita indossò un solo abito logoro che, quando morì, fu parcellizzato a furor di popolo.
Nella stessa scarabattola del cappuccio è conservata la maschera funeraria che è stata analizzata da Marielva Torino, paleopatologa che insegna all’Università Suor Orsola Benincasa, con la collaborazione di Pasquale Muro.
Benché fosse rigorosamente legato alla regola della povertà Giovan Giuseppe della Croce, nato a Ischia Ponte nel 1654 con il nome di Carlo Gaetano Calosirto, ricoprì ruoli ecclesiastici prestigiosi. L’arcivescovo
di Napoli cardinale Francesco Pignatelli gli diede l’incarico di dirigere settanta monasteri e ritiri partenopei ai quali si aggiunsero quelli di Aversa che gli assegnò il cardinale Innico Caracciolo.
Fama di santità e forza spirituale gli furono riconosciuti già in vita tanto che facevano capo a lui semplici fedeli ma anche personaggi di spicco come i futuri santi Maria Francesca delle Cinque Piaghe e Alfonso Maria de’ Liguori.
Piccolo di statura e grande guaritore era capace di veri e propri colpi di scena della fede, compresa una resurrezione, quella del marchesino Gennaro Spada. Visse gli ultimi anni nel convento di Santa Lucia al Monte dove morì nel 1734. I napoletani gli furono da subito devotissimi tanto da eleggerlo compatrono nel 1790. A lui è consacrata anche una cappella nel Castello Aragonese di Ischia, nella galleria vista mare fatta costruire nel 1441 da Alfonso d’Aragona. Qui da neonato il santo era guarito dalla peste.