Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Se grandi nomi dell’arte sono costretti alle dimissioni
Da giorni il dibattito sulle nomine nelle istituzioni culturali napoletane e campane si è infuocato. Da una parte c’è il ministero che, nell’ambito delle sue prerogative, ha indicato personalità di tutto rispetto, nel segno di una dialettica costruttiva. Dall’altra c’è la Regione Campania, nella persona del suo presidente-assessore alla Cultura, che ha scelto una strada oggettivamente diversa. In particolare c’è il caso del Madre, il Museo di arte contemporanea Donnaregina. Ieri, con una durissima presa di posizione, si sono dimessi ufficialmente dal Comitato Scientifico della Fondazione Donnaregina sia Vincenzo Trione che Patrizia Sandretto Re Rebaudengo.
Due nomi di spicco nazionale e internazionale, nel mondo dell’arte contemporanea, che hanno offerto un contributo di primo piano nella scorsa gestione del Madre. Può apparire incredibile, può davvero sembrare una sorta di fiction televisiva, ma personaggi come Trione (che, tra i tanti incarichi, presiede per esempio la Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali, una eccellenza nazionale di livello europeo) e Sandretto Re Rebaudengo (fondatrice della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, con sedi a Madrid, Torino e Guarene, presidente del Comitato delle Fondazioni Italiane Arte Contemporanea) hanno «appreso da siti e da social», quindi non direttamente dalla nuova presidenza del Madre, che il Comitato Scientifico non sarebbe ancora «formalmente ratificato» e addirittura «in corso di rimodulazione» dopo l’annuncio del novembre scorso.
I due interessati si dichiarano «interdetti e stupiti». Espressioni che svelano la loro eleganza, non solo intellettuale. Dover apprendere da un sito o da un social del destino di un organismo culturale e non dalla figura istituzionale dovrebbe indignare profondamente. Ci indigniamo noi per conto dei due ormai ex consiglieri che ieri hanno presentato le loro dimissioni «per consentire all’attuale presidente di proseguire nel suo lavoro con serenità e in autonomia, definendo la nuova governance del museo». Dimissioni che, ricordiamolo, seguono quelle «irrevocabili» di altri tre nomi di peso: Olga Sviblova, Doris Salcedo e Manal Ataya. Se è vero che, come si legge sul sito del Madre, si «intende dare vita a un percorso di condivisione del nuovo progetto di rilancio del museo Madre, anche in una visione prospettica che vedrà la Regione Campania nei prossimi appuntamenti internazionali con un ruolo da protagonista» è altrettanto vero che costringere, con il silenzio, alle dimissioni due grandi nomi del panorama dell’arte contemporanea italiana e della gestione di prestigiose istituzioni culturali, rappresenta una stridente ed eloquentissima contraddizione di quelle intenzioni.
Visto il contesto, le dimissioni sono comprensibili e condivisibili. Non si diventa «protagonisti di grandi appuntamenti internazionali» sbarazzandosi di chi ha già realizzato simili obiettivi e può indicare la strada giusta per ottenerli.