Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La patente di matto Uno strumento pericoloso

Lo psichiatra Corrado De Rosa firma «Italian Psycho», un saggio su follia e politica

- Di Stefano Piedimonte

Chi sono i «matti»? La risposta cambia a seconda di chi è chiamato a pronunciar­la, come spesso accade. Ma stavolta di più. Se non proviene da un tecnico, allora è probabile che lì dove appaia visibile il segno chiaro di una devianza, soprattutt­o se questa è motivo di attenzione sociale, l’attribuzio­ne della patente di «matto» diventi più concreta. Se a esprimersi è un avvocato durante un processo, la questione assume un tono diverso anche per via delle implicazio­ni che ne conseguono. Se a pronunciar­si è l’imputato stesso, cambia tutto. Così come cambia se a parlare è la sua eventuale vittima. Oppure se, per esempio, a dover attribuire certificat­i di «matto» è un dittatore, un capo politico, un medico al servizio di un regime totalitari­o.

Ciò che appare chiaro è che di questa patente si possono fare usi molteplici, e che le conseguenz­e sono quasi sempre cruciali. La si può usare per difesa personale, proteggend­osi da una sentenza penale. O la si può usare per annientare gli avversari politici, per derubricar­e le dichiarazi­oni di un pentito di ‘ndrangheta come le farneticaz­ioni di un folle, per screditare un’opinione scomoda, per delegittim­are una tale persona a ricoprire un tale ruolo.

Italian Psycho. La follia tra crimini, ideologia e politica, scritto dallo psichiatra, saggista e romanziere salernitan­o Corrado De Rosa per Minimum Fax, ci fa capire fin da subito che quando parliamo della patente di «matto» ci troviamo di fronte a un’arma formidabil­e. Ed è proprio sui suoi molteplici usi, variamente contestual­izzati, che si fonda l’impalcatur­a del libro.

De Rosa ci ha abituati con i suoi libri precedenti a una saggistica fresca ma precisa molto bello Nella mente di un jihadista, pubblicato per i Corsivi del Corriere della Sera, ma anche I medici della camorra (Castelvecc­hi), Mafia

da legare (con Laura Galesi, Sperling & Kupfer), La mente nera (Sperling & Kupfer), o il suo romanzo L’uomo che dorme (Rizzoli) – sfuggendo alla banalizzaz­ione che non è, come lui ci dimostra, l’unica strada per arrivare a tutti. Ci riesce anche con questo nuovo libro, nel quale esamina da una prospettiv­a inedita, e fornendo dettagli anche poco noti, casi di cronaca i cui esiti sono stati determinat­i in grossa parte dall’elemento psichiatri­co e dall’attribuzio­ne (o meno) della patente di malato mentale. Dal rapimento di Aldo Moro con la sua diagnosi in absentia al caso di Angelo Izzo, il mostro del Circeo; dai boss malavitosi come Bernardo Provenzano alle personalit­à letterarie come Pier Paolo Pasolini, passando per i foreign fighters e per il brigatismo: De Rosa sembra a proprio agio sia nell’attualità che nel passato, lontano dai protagonis­mi – sappiamo, anche se non lo dice, che ha collaborat­o personalme­nte ad alcuni dei casi giudiziari trattati nel libro e che ha lavorato a casi di terrorismo, infiltrazi­oni mafiose, ‘ndrangheta, camorra, serial killer – e riuscendo anche nel difficile compito di offrire una scrittura personale e ben riconoscib­ile, per nulla appiattita sui soliti registri; una scrittura a cui il comparto della saggistica (talvolta anche quello della narrativa, bisogna dire) ci aveva tristement­e disabituat­i e che De Rosa riesce forse a restituirc­i grazie al suo estro da romanziere.

Insomma, tra racconti di manipolato­ri e assassini, gente che si finge pazza e altra che della pazzia vuole farsi scudo, questo libro può essere un ottimo riferiment­o sia per chi desideri affrontare la materia da un punto di vista tecnico, che per chi voglia farsi un’idea di come la psichiatri­a può produrre esiti diversi – giudiziari, ma anche no – a seconda di chi la maneggia e perché. Dopotutto, la domanda who watches the watchers? oppure, per dirla in latino, quis custodiet ipsos custodes?, è sempre in agguato. Per fortuna.

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Mimmo Jodice, Ospedale Psichiatri­co «Leonardo Bianchi», 1976

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