Corriere del Mezzogiorno (Campania)
L’INFORMAZIONE STILE ARMAGEDDON
Èstato un crescendo rossiniano, un accavallarsi concitato di suoni, il salire continuo dei decibel. Non che lui fosse mai stato propenso a condividere lo scettro con qualcuno, ma il Covid l’ha incoronato definitivamente come l’autocrate unto dal Signore, il condottiero dell ’Armageddon. E così ha potuto dichiarare senza esitazione alcuna che di fronte al virus eravamo i primi e i più bravi, lo ha ripetuto mille volte fino a convincere il 69,47% del suo popolo, ha tirato la cinghia del lockdown che nemmeno Speranza, ha chiuso le scuole in perpetuo, ha minacciato frontiere borboniche, si è vantato di disciplinare l’indisciplinabile. Poi con eguale ferocia ha aperto la campagna vaccinale, ha offerto senza paura il braccio alla siringa, ha imbarcato tra le file degli ottantenni qualche corpo speciale e un bel po’ di «altri» assai meno attempati, ha annunciato trionfalmente il siero di Putin, ha protestato che gli stavano rubando le fiale, ha promesso isole Covid-free e ristoratori immuni. Ne ha fatte o meglio ne ha dette di tutti i colori. E quando qualche giornale, qualche rete televisiva, qualche sperduto blog gli ha mosso un paio di educate obiezioni, lui li ha coperti di contumelie. «Stupidaggini», «fandonie», «sciacallaggio mediatico». E ha invitato a non leggere più i giornali, a non guardare la tv. «Vi prego di sospendere i vostri giudizi e le vostre informazioni», ha detto ieri, suggerendo fonti più attendibili. «L’informazione che vi arriva da me è un’informazione fondata sulla verità», ha spiegato guardando negli occhi la camera. Inutile aggiungere che chi parlava non era Ceaucescu e neppure Fidel, ma Vincenzo De Luca. Ed altrettanto inutile ripetere quanto fosse esagerato il trionfalismo della prima ondata e quanto privo di effetti pratici il decisionismo ruggente della seconda. La Campania non è stata la più brava, tutt’altro, basta mettere a confronto i numeri delle regioni. Nè sarà De Luca a importare lo Sputnik o a vaccinare Capri e gli albergatori. Quanto all’irrisione dei media, non è la prima volta che il presidente si abbandona a istinti illiberali. Non è una bella cosa, anzi è roba da Visegrad, ma non è certo la prima volta. Piuttosto, sarebbe il caso di spendere qualche parola su un’altra questione, un effetto collaterale del deluchismo che non è acqua fresca, tutt’altro, che dovrebbe preoccupare i suoi concittadini e anche i suoi sudditi.
Con ogni evidenza, il governatore ha costruito un profilo di comunicatore che spesso sembra sconfinare nella satira politica, nel grottesco, nella pochade. Si è detto tante volte che quella tra lui e Crozza è una gara a chi le dice più grosse. Crozza imita De Luca, De Luca imita Crozza. E anche su una simile bizzarria spesso ci siamo fatti molte risate. Ma il problema è proprio questo, sono le risate. Il problema è che tutto ciò venga scambiato per satira politica. Che diventi una sorta di show nazionalpopolare da gustare in poltrona con l’ironia cinica dei napoletani e con il paternalismo divertito dei milanesi. De Luca finisce per mettere un’intera città, un’intera regione, l’intero Sud all’interno di una specie di reality - o di zoo - e forse non tutti si rendono conto che quegli applausi nascono dal più vieto degli stereotipi, dal più mortificante dei luoghi comuni. «I soliti meridionali!», ridono i lombardi, i piemontesi, gli emiliani di fronte al famoso ghigno. E la politica scompare, diventa iperbolica, una figura da carnevale, una maschera da sceneggiata. Diventa ridicola Napoli, ridicoli i napoletani. Uno scherzo. Uno scherzo di pessimo gusto di fronte a morti, malati, gente in mezzo alla strada. C’è poco da ridere.