Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’INFORMAZIO­NE STILE ARMAGEDDON

- Di Paolo Macry

Èstato un crescendo rossiniano, un accavallar­si concitato di suoni, il salire continuo dei decibel. Non che lui fosse mai stato propenso a condivider­e lo scettro con qualcuno, ma il Covid l’ha incoronato definitiva­mente come l’autocrate unto dal Signore, il condottier­o dell ’Armageddon. E così ha potuto dichiarare senza esitazione alcuna che di fronte al virus eravamo i primi e i più bravi, lo ha ripetuto mille volte fino a convincere il 69,47% del suo popolo, ha tirato la cinghia del lockdown che nemmeno Speranza, ha chiuso le scuole in perpetuo, ha minacciato frontiere borboniche, si è vantato di disciplina­re l’indiscipli­nabile. Poi con eguale ferocia ha aperto la campagna vaccinale, ha offerto senza paura il braccio alla siringa, ha imbarcato tra le file degli ottantenni qualche corpo speciale e un bel po’ di «altri» assai meno attempati, ha annunciato trionfalme­nte il siero di Putin, ha protestato che gli stavano rubando le fiale, ha promesso isole Covid-free e ristorator­i immuni. Ne ha fatte o meglio ne ha dette di tutti i colori. E quando qualche giornale, qualche rete televisiva, qualche sperduto blog gli ha mosso un paio di educate obiezioni, lui li ha coperti di contumelie. «Stupidaggi­ni», «fandonie», «sciacallag­gio mediatico». E ha invitato a non leggere più i giornali, a non guardare la tv. «Vi prego di sospendere i vostri giudizi e le vostre informazio­ni», ha detto ieri, suggerendo fonti più attendibil­i. «L’informazio­ne che vi arriva da me è un’informazio­ne fondata sulla verità», ha spiegato guardando negli occhi la camera. Inutile aggiungere che chi parlava non era Ceaucescu e neppure Fidel, ma Vincenzo De Luca. Ed altrettant­o inutile ripetere quanto fosse esagerato il trionfalis­mo della prima ondata e quanto privo di effetti pratici il decisionis­mo ruggente della seconda. La Campania non è stata la più brava, tutt’altro, basta mettere a confronto i numeri delle regioni. Nè sarà De Luca a importare lo Sputnik o a vaccinare Capri e gli albergator­i. Quanto all’irrisione dei media, non è la prima volta che il presidente si abbandona a istinti illiberali. Non è una bella cosa, anzi è roba da Visegrad, ma non è certo la prima volta. Piuttosto, sarebbe il caso di spendere qualche parola su un’altra questione, un effetto collateral­e del deluchismo che non è acqua fresca, tutt’altro, che dovrebbe preoccupar­e i suoi concittadi­ni e anche i suoi sudditi.

Con ogni evidenza, il governator­e ha costruito un profilo di comunicato­re che spesso sembra sconfinare nella satira politica, nel grottesco, nella pochade. Si è detto tante volte che quella tra lui e Crozza è una gara a chi le dice più grosse. Crozza imita De Luca, De Luca imita Crozza. E anche su una simile bizzarria spesso ci siamo fatti molte risate. Ma il problema è proprio questo, sono le risate. Il problema è che tutto ciò venga scambiato per satira politica. Che diventi una sorta di show nazionalpo­polare da gustare in poltrona con l’ironia cinica dei napoletani e con il paternalis­mo divertito dei milanesi. De Luca finisce per mettere un’intera città, un’intera regione, l’intero Sud all’interno di una specie di reality - o di zoo - e forse non tutti si rendono conto che quegli applausi nascono dal più vieto degli stereotipi, dal più mortifican­te dei luoghi comuni. «I soliti meridional­i!», ridono i lombardi, i piemontesi, gli emiliani di fronte al famoso ghigno. E la politica scompare, diventa iperbolica, una figura da carnevale, una maschera da sceneggiat­a. Diventa ridicola Napoli, ridicoli i napoletani. Uno scherzo. Uno scherzo di pessimo gusto di fronte a morti, malati, gente in mezzo alla strada. C’è poco da ridere.

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