Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il sol dell’avvenire del Madre
Icomitati, se davvero scientifici, sono una bella grana per la politica. Il ministro Franceschini ne sa qualcosa. Due pezzi da novanta, membri di quello in carica al Parco Archeologico di Pompei, non l’hanno mandata a dire quando s’è trattato poche settimane fa di esprimere il parere di rito sulla nomina del nuovo direttore.
Fulmini e saette su Gabriel Zuchtriegel, virgulto tedesco trapiantato a Paestum, poi fiorito un po’ troppo in fretta a sentire Stefano De Caro e Irene Bragantini, esperti di riconosciuto spessore internazionale. Si può tifare per la scienza o per la giovinezza rampante, posizioni entrambe legittime, ma non sarebbe giusto sottovalutare il disagio ministeriale nel dover imporre una scelta a chi la sa più lunga proprio sulla complicata materia e sulle persone non tutte serie che la trattano.
Se questo è il quadro nazionale, che cosa vogliamo ora imputare al nostro De Luca per ciò che miseramente accade nei suoi possedimenti culturali? Di recente ha avuto ben altri grattacapi. Per esempio, ha dovuto cambiare nome al festival del teatro per annettere al governatorato l’ultimo pezzo spurio di una Napoli recalcitrante. In modo che, assegnata la missione al fido Cappuccio, pane e spettacoli si son potuti moltiplicare per comporre un cartellone tronfio e chiassoso, modellato sulle mitiche «Luci d’artista» salernitane: una pletora di registi convocati, una moltitudine di attori ingaggiati e un piccolo esercito di tecnici col mandato di fare ammuina sui palchi e pacificare il sottobosco dietro le quinte regionali.
Ora di che stupirsi se, solo per qualche istante concentrato sulle nomine di sua spettanza nei comitati scientifici dei musei nazionali, il presidentissimo ha voluto elargire con la consueta bonomia e nel silenzio generale nomi e cognomi senza arte né parte. Memore della brutta esperienza franceschiniana, l’uomo forte di Santa Lucia ha pensato di risolvere in scioltezza i suoi piccoli problemi museali, piazzando qua e là brave persone alquanto inadatte ma domani sicuramente inoffensive. Per fare che cosa oggi?
Scommetto che uno come De Luca neanche se ne curi. Cappuccio gli ha fatto il lavoro utile e sporco con i teatranti, che sono tanti e hanno tutti famiglia. Per i musei, dei quali invece non comprende il senso elettorale, ha preferito consultarsi con la signora Boldoni, dilettante riconosciuta del settore. Piccole manovre da salotto neanche buono, giusto per darsi un tono e insolentire la gente del mestiere.
Queste ultime nomine, comunque le si voglia leggere, messe una dietro l’altra, fanno una sequela evidente di ruoli sbagliati che, peggio di lui, solo un Crozza minore avrebbe potuto sceneggiare. Il prete che benedice i riti ne
omelodici di Capodimonte, il giornalista che scrive titoli per le mostre di Palazzo Reale, la dirigente regionale addetta alle spese culturali che spia i conti del Mann, il politicante esiliato che espia qualche peccato alla Reggia di Caserta, il presidente di Scabec (la società regionale che gestisce eventi culturali per la Regione), infiltrato tra gli esperti del Parco Archeologico di Paestum e Velia, che nega la sua pur piccola incompatibilità, dato che da gennaio non si è mai riunito con nessuno: insomma, il solito avanspettacolo della politica locale con attori improbabili e azzeccagarbugli di professione chiamati a scaldare sedie scomode e inutili, presi e compresi nelle piccole parti che interpreteranno a comando. D’altronde, l’opinione piuttosto scarsa di De Luca riguardo ai comitati scientifici degli enti museali è confermata dal rigoroso menefreghismo col quale ha accolto le dimissioni di alcuni tra i membri più qualificati dell’unico organismo interamente regionale, quello che guida la Fondazione Donnaregina, cioè il Madre. I quali dimissionari (un professore e quattro donne di fama internazionale nel mondo dell’arte contemporanea), in realtà, non si sa neanche se siano mai stati effettivamente in carica. Le poche righe comparse alcuni giorni fa sul sito del Madre comunicano infatti che la nomina del comitato «non ancora ratificata» era «in corso di rimodulazione» nella prospettiva che «vedrà la Regione Campania protagonista nei prossimi appuntamenti internazionali». La fonte dell’informativa in bello stile putiniano resta sconosciuta, ma il linguaggio dice tutto il necessario.
Nel prossimo viaggio tragico(s)mico delle «Luci d’artista», marchio di fabbrica deluchiano, è programmato che il sol dell’avvenire spunterà anche sul Madre. È l’effetto Sputnik. Rende immuni dalla più modesta realtà che sarebbe sotto gli occhi dei commentatori che applaudono e non s’accorgono di niente. Forse distratti dall’angelica nuova presenza che annuncia un grande futuro di piglio localistico. Intanto, se un domani più vicino si dovesse decidere di restituire il museo al suo vecchio pubblico, è difficile immaginare come si potrà conciliare la procedura delle vaccinazioni in atto nella grande sala polivalente di via Settembrini con il normale afflusso di visitatori.
Un’altra cosa piuttosto singolare è passata infatti sotto silenzio in questa città infestata dal virus della sottocultura politicante: la trasformazione del Madre in hub sanitario per imposizione dell’onnipotente Asl di Verdeoliva, cognome di palese presunzione artistica. Sento già l’obiezione. Anche Capodimonte si è piegato. Falso. Lì il centro vaccinale l’hanno allestito nella Fagianeria. In un edificio separato dal museo, mica nella sala degli Arazzi, tanto per fare un paragone adeguato.
La singolare decisione che umilia il Madre rendendolo assai meno fruibile come spazio pubblico per l’arte contemporanea, se prima vagliata dalla direttrice e dal comitato scientifico forse avrebbe potuto essere sconsigliata ed evitata. Ma ve li immaginate voi il grigioferro De Luca e il pittorico Verdeoliva
interloquire e trattare con un docente di storia dell’arte e un conciliabolo di altezzose signore troppo preparate? Da noi le cose della cultura sono proprietà politica di uomini veri, che ne fanno quello che vogliono. Qualche volta anche con le migliori intenzioni.
I musei insomma non si regalano ai professori. Alle professoresse, poi! Nella Campania del maschio alfa, detto De Luca, al massimo si prestano a infettivologi, medici e personale Asl. E forse c’è un motivo. Neanche loro alle prese con la pandemia hanno fatto la figura di scienziati veri.