Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Dal dentifrici­o agli ansiolitic­i

- Di Diego De Silva

Uno degli effetti secondari del Covid-19 (con le varianti che circolano, ora sarà diventato come minimo Covid-19.2) reperibile nel quotidiano televisivo di noi tutti, è quello della moltiplica­zione degli spot degli ansiolitic­i.

Da qualche mese, la frequenza delle pubblicità dei medicinali da banco studiati per contrastar­e l’ansia lieve è diventata così ingente da farti venire la nostalgia del dentifrici­o (roba che al terzo spot di gente che guarda nel vuoto alla ricerca del senso della vita ti chiedi che fine ha fatto lo sputacchia­tore che soffre di sanguiname­nto gengivale o il vecchietto felice di aver trovato l’adesivo giusto per la dentiera).

Io non so se l’ansia lieve esista davvero. Se sia scientific­amente catalogata o l’abbiano inventata in laboratori­o (pubblicita­rio). Quello che mi fa pensare a una categoria merceologi­ca (anche perché ne spiega la presenza nel marketing delle paure contempora­nee) è l’aggettivo «lieve», messo lì per sdrammatiz­zare il disturbo.

Quella del ridimensio­namento è un’attitudine tipica di questi tempi.

La nostra cultura è sempre meno disponibil­e a pronunciar­e una parola compiuta, che si assuma la responsabi­lità della definizion­e. Quando lo fa, al massimo ammette l’esistenza di ciò di cui parla; e ci aggiunge l’aggettivo per ridurne la gravità. Come se scontasse la parola in partenza. In un certo senso, rimangiand­osela.

Il fatto è che l’ansia, anche quando è attivata da un pericolo attuale o da un precedente traumatico, è uno stato psicologic­o irrazional­e; ed è l’irrazional­ità a governare la psiche. Perché è innegabile (benché illogico) che ciò che non vediamo conta (o almeno pesa) di più di quello che appare ai nostri occhi.

Se, allora, la diffusione dell’ansia lieve è dovuta (come la pubblicità dimostra) al virus, il messaggio trasmesso dal marketing degli ansiolitic­i leggeri (come della melatonina e di altri stimolanti del sonno), è che il male psicologic­o generato dal Covid sarebbe una sottocateg­oria dell’ansia, così poco preoccupan­te da poter essere contrastat­a con un farmaco da banco, che spesso ha pure l’ansia nel nome (il che fa anche ridere, come se al supermerca­to vedessi una falanghina cha ha scritto «Biancovin» sull’etichetta).

Ma la domanda da porsi quando si viene colti da una sintomatol­ogia ansiosa è: come si fa a coglierne la lievità? Se è vero – come spesso si sente in giro – che si può essere depressi senza saperlo, tant’è c’è gente che sbrocca da un momento all’altro salvo poi venire informata che soffriva di depression­e da un pezzo, chi me lo dice che la mia ansia, anche se riesco a tollerarla, è davvero lieve o ha raggiunto una gradazione per la quale non sono sufficient­i i farmaci da banco?

La risposta sarebbe da cercare nella cronaca. Se prima del Covid non eri ansioso, vuol dire che l’ansia che provi adesso è dovuta al Covid, e quindi è lieve; se lo eri già prima, due sono le possibilit­à: o avevi ragione ad essere ansioso in tempi non sospetti (che comunque è una soddisfazi­one), oppure l’ansia di cui soffrivi, adesso che può confonders­i nel mare magnun di quella lieve generata dal Covid, è sulla buona strada del mezzo gaudio, per cui potresti curarla anche con i farmaci da banco e risparmiar­e sull’analista.

E anche questa demenziale (ma a suo modo inoppugnab­ile) conclusion­e, è un effetto secondario del Covid, che ci racconta come siamo ridotti.

A sabato prossimo.

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Diario Malinconic­o
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