Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Giannola: «Così si rischia di indebolire il governo sul Mezzogiorno»
Parla il presidente della Svimez: «È increscioso uno scontro tra un parlamentare della maggioranza e un ministro»
Piero De Luca, con altri deputati del Pd, fa le pulci a Mara Carfagna: bene che poco più del 40% delle risorse del Recovery vada al Mezzogiorno ma se consideriamo i 21 miliardi del Fondo Sviluppo e Coesione la quota è attorno al 34%.
Professor Giannola, queste polemiche intestine ai meridionali non danneggiano proprio il Sud?
«Se c’è materia per discutere, non è questo il modo migliore per sollevare il problema. È increscioso che in questo scontro, per di più scoppiato tra un parlamentare della maggioranza e un ministro entrambi campani, non ci si chiarisca prima. Perché solo dopo, se permanessero effettive divergenze, si polemizza pubblicamente. Altrimenti di rischia di avviare un processo alle intenzioni. Farlo preventivamente indebolisce oggettivamente il governo e il Mezzogiorno».
Presidente, la contabilizzazione dei soldi del Fsc è un problema reale?
«La notazione sulla contabilizzazione del Fondo Sviluppo Coesione è corretta, ma è stata già oggetto di rassicurazione nel corso di due audizioni della Svimez sul Piano Nazionale Ripresa e Resilienza. Quando dicemmo con grande chiarezza, alla Camera e al Senato, che le risorse del Fsc anticipate nel Piano debbono essere reintegrate. Se non accadesse, il Fondo finirebbe per svolgere un ruolo sostitutivo, venendo meno al principio dell’aggiuntività e contraddicendo la finalità della coesione territoriale che è uno dei pilastri del Next Generation Eu».
Per evitare questo rischio non sarebbe stato preferibile allora non inserire il Fondo Sviluppo Coesione destinato per l’80% al Mezzogiorno, dentro il Recovery plan?
«No. Anzi. La scelta dell’ex ministro Peppe Provenzano di mettere anche questo soldi nel Pnrr nacque da un’esigenza specifica, decisamente condivisibile, in quanto finalizzata a una accelerazione della spesa del Fsc rispetto all’esperienza dell’ultimo decennio, caratterizzata da forti ritardi non solo nella programmazione ma anche nella messa a terra degli interventi. In base al monitoraggio di fine agosto 2020, su un totale di 76,2 miliardi programmati risultano pagamenti per 19,3, pari ad appena il 25,3%».
Presidente, il ministro della Coesione Mara Carfagna, nel question time di due giorni, non ne ha parlato.
«Ma, secondo me lo ha ben presente, pur se non lo ha esplicitato. Quando la Svimez chiese nelle sedi parlamentari una specifica contabilizzazione di questi fondi, la proposta fu recepita al punto che fa parte del parere consegnato da Camera e Senato al Governo. E in quella sede l’onorevole Paolo Russo di Forza Italia, stesso partito della ministra, lo ribadì con convinzione. In definitiva, se la ricostruzione di questa vicenda contabile è coerente con la nostra lettura, quando la ministra parla del 40% al Sud, lo fa senza considerare i miliardi del Fsc».
Professore e se invece in quel 40% al Sud fossero ricompresi i 21 miliardi e così si arriva a quel tetto?
«In questo caso, allora quei soldi dovrebbero un domani essere restituiti al Fondo Sviluppo Coesione, che ne resta a tutti gli effetti l’unico titolare. Auspico che la ministra Carfagna a questo punto chiarisca esplicitamente questo punto».
Presidente Giannola, il premier Draghi ha detto ieri che nel Fondo di accompagno al Pnrr c’è una posta per l’Alta Velocità Salerno-Reggio Calabria. Quindi non sarà finanziata dal Recovery?
«Quest’opera entra in questo Fondo perché non potrà essere interamente rendicontata entro il 2026. Se però l’Europa ammettesse di finanziare lotti funzionali si potrebbe almeno inserire la tratta fino a Battipaglia che si completerebbe per quella data».
Non c’è traccia del Ponte sullo Stretto. Ma gira voce che lo potrebbero finanziare con fondi o finanziamenti propri Ferrovie ed Anas.
«Questo va chiesto a loro».
Le risorse
Il Fondo Sviluppo e Coesione è stato inserito nel Pnrr per accelerare una spesa che finora è stata troppo lenta