Corriere del Mezzogiorno (Campania)
APRIRE GLI STADI PER RIDARE LINFA ALLO SPORT
Secondo i dati aggiornati in Italia è vaccinato meno dell’8% della popolazione, circa 4,5 milioni. Si spera in un rapido incremento, troppo lenti rispetto al virus. Che oltre ai danni diretti sta devastando il sistema economico e quello sociale. C’è la necessità di una ripresa, sia pure parziale. Bisogna riaprire, e per farlo rapidamente si potrebbe utilizzare il passaporto vaccinale. In Campania ci sono oltre trecentomila vaccinati, perché non consentire loro di poter mangiare al ristorante o andare a teatro, al cinema o nelle palestre, nelle piscine o allo stadio ? Poca roba, ma meglio di niente. E mi rendo conto che così facendo si privilegia una parte della popolazione rispetto ad una maggioranza ancora in attesa e resa sempre più dubbiosa dalle continue cattive notizie su AstraZeneca. Ci sará tempo per rivedere gli errori commessi, dalla gestione ottusa ai piani pandemici, dall’acquisto dei vaccini all’assenza di una regia centrale. La crisi ha evidenziato le crepe di un sistema sociopolitico-economico già abbondantemente compromesso. Ma era prevedibile, siamo quelli che abbiamo rischiato di uscire asfaltati dalla crisi economica di qualche anno fa, che ha coinvolto l’Europa ma in particolare Grecia e Italia. Salvati da quel Mario Draghi banchiere patriota, oggi fortunatamente a capo di un governo dal colore incerto, ma forse proprio per questo più efficiente. Almeno spero. Ricominciare, è un imperativo categorico. Si è deciso di far entrare pochi spettatori per le prossime partite degli europei. É giusto, il calcio senza pubblico sembra un mercatino rionale senza acquirenti, con le urla insopportabili di chi vende amplificate dall’assenza di chi compra, di quel brusio che copre e addolcisce. Qualcuno ha avanzato l’idea di consentire ai vaccinati, ovviamente muniti di mascherine e prudenzialmente distanziati, di poter assistere alle ultime partite di campionato. È una proposta sensata, su quattrocentomila vaccinati in Campania qualche migliaia di tifosi si trovano. Sarebbe anche un segnale psicologico di un ritorno ad una pseudo normalità. Una immagine positiva in un quadro generale catastrofico. Ma che non deve riguardare solo gli stadi. Il rischio di ricadute su economia, salute e società è reale.
La mia formazione mi porta ad analizzare i dati, perché è partendo dai numeri che si può capire il problema. Ovviamente nel mio territorio di competenza, medicina e sport. I dati Istat del 2017 sulla pratica sportiva in Italia fanno emergere dati interessanti. Ad esempio, nel nostro paese il 40% della popolazione è sedentaria. Nella fascia di età sopra i 65 anni si supera il 50%. Troppi. Lo sport fa bene, non farlo fa male. È presumibile che in pandemia la situazione sia peggiorata. Anche quella dell’età evolutiva. Fra gli 11 e i 14 anni il 70% pratica uno sport. Sembrano dati confortanti, ma è ancora insufficiente, la scuola deve farsene carico, dando rilevanza all’insegnamento dell’educazione fisica. Percentuale certamente crollata in questo biennio 2020-2021. È prevedibile un aumento dell’obesità, ormai da anni malattia sociale del cosiddetto mondo civilizzato. Costi sociali enormi, per anni. Capisco l’emergenza, e da medico ne sento tutto il peso. Ma la chiusura generalizzata è una terapia che rischia di competere con la pandemia sui danni alla salute. La gente è stremata. Nella mia Napoli la zona rossa è ormai una ipocrisia per molti ed un dramma per tanti. Traffico, ma molte attività chiuse. Che senso ha? È facile colorare, certamente più semplice che programmare. Il tempo dei lanciafiamme è finito, forse è ora di usare i mattoncini per ricostruire.