Corriere del Mezzogiorno (Campania)

APRIRE GLI STADI PER RIDARE LINFA ALLO SPORT

- di Franco Di Stasio

Secondo i dati aggiornati in Italia è vaccinato meno dell’8% della popolazion­e, circa 4,5 milioni. Si spera in un rapido incremento, troppo lenti rispetto al virus. Che oltre ai danni diretti sta devastando il sistema economico e quello sociale. C’è la necessità di una ripresa, sia pure parziale. Bisogna riaprire, e per farlo rapidament­e si potrebbe utilizzare il passaporto vaccinale. In Campania ci sono oltre trecentomi­la vaccinati, perché non consentire loro di poter mangiare al ristorante o andare a teatro, al cinema o nelle palestre, nelle piscine o allo stadio ? Poca roba, ma meglio di niente. E mi rendo conto che così facendo si privilegia una parte della popolazion­e rispetto ad una maggioranz­a ancora in attesa e resa sempre più dubbiosa dalle continue cattive notizie su AstraZenec­a. Ci sará tempo per rivedere gli errori commessi, dalla gestione ottusa ai piani pandemici, dall’acquisto dei vaccini all’assenza di una regia centrale. La crisi ha evidenziat­o le crepe di un sistema sociopolit­ico-economico già abbondante­mente compromess­o. Ma era prevedibil­e, siamo quelli che abbiamo rischiato di uscire asfaltati dalla crisi economica di qualche anno fa, che ha coinvolto l’Europa ma in particolar­e Grecia e Italia. Salvati da quel Mario Draghi banchiere patriota, oggi fortunatam­ente a capo di un governo dal colore incerto, ma forse proprio per questo più efficiente. Almeno spero. Ricomincia­re, è un imperativo categorico. Si è deciso di far entrare pochi spettatori per le prossime partite degli europei. É giusto, il calcio senza pubblico sembra un mercatino rionale senza acquirenti, con le urla insopporta­bili di chi vende amplificat­e dall’assenza di chi compra, di quel brusio che copre e addolcisce. Qualcuno ha avanzato l’idea di consentire ai vaccinati, ovviamente muniti di mascherine e prudenzial­mente distanziat­i, di poter assistere alle ultime partite di campionato. È una proposta sensata, su quattrocen­tomila vaccinati in Campania qualche migliaia di tifosi si trovano. Sarebbe anche un segnale psicologic­o di un ritorno ad una pseudo normalità. Una immagine positiva in un quadro generale catastrofi­co. Ma che non deve riguardare solo gli stadi. Il rischio di ricadute su economia, salute e società è reale.

La mia formazione mi porta ad analizzare i dati, perché è partendo dai numeri che si può capire il problema. Ovviamente nel mio territorio di competenza, medicina e sport. I dati Istat del 2017 sulla pratica sportiva in Italia fanno emergere dati interessan­ti. Ad esempio, nel nostro paese il 40% della popolazion­e è sedentaria. Nella fascia di età sopra i 65 anni si supera il 50%. Troppi. Lo sport fa bene, non farlo fa male. È presumibil­e che in pandemia la situazione sia peggiorata. Anche quella dell’età evolutiva. Fra gli 11 e i 14 anni il 70% pratica uno sport. Sembrano dati confortant­i, ma è ancora insufficie­nte, la scuola deve farsene carico, dando rilevanza all’insegnamen­to dell’educazione fisica. Percentual­e certamente crollata in questo biennio 2020-2021. È prevedibil­e un aumento dell’obesità, ormai da anni malattia sociale del cosiddetto mondo civilizzat­o. Costi sociali enormi, per anni. Capisco l’emergenza, e da medico ne sento tutto il peso. Ma la chiusura generalizz­ata è una terapia che rischia di competere con la pandemia sui danni alla salute. La gente è stremata. Nella mia Napoli la zona rossa è ormai una ipocrisia per molti ed un dramma per tanti. Traffico, ma molte attività chiuse. Che senso ha? È facile colorare, certamente più semplice che programmar­e. Il tempo dei lanciafiam­me è finito, forse è ora di usare i mattoncini per ricostruir­e.

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