Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Salva-Comuni, si decide venerdì
Governo, dopodomani il vertice di maggioranza per avviare il provvedimento
Èindispensabile trovare il più rapidamente possibile una soluzione, dopo l’abrogazione da parte della Corte Costituzionale delle norme che ponevano al riparo i Comuni a rischio dissesto. Contemperando l’esigenza di ripianare il debito dei circa 1400 Municipi, secondo stime Anci, in difficoltà, tra cui Napoli e buona parte dei piccoli enti locali campani, con la necessità altrettanto ineludibile di mantenere gli enti in equilibrio finanziario.
La viceministra all’Economia, la grillina Laura Castelli, che segue la vicenda, ha convocato per venerdì un tavolo con i rappresentanti della maggioranza che si occupano di enti locali, perché la sentenza della Consulta riguarda e «mette in crisi» molti Comuni, «in gran parte tra i 5 e i 10mila abitanti». Si tratta di tutti quegli Enti che si trovano a gestire il rientro dell’indebitamento generato da precedenti amministrazioni, ai quali l’aver spalmato su 30 anni la restituzione delle anticipazioni di liquidità bocciato ora dalla Corte aveva dato una boccata d’ossigeno. È urgente un intervento che permetta la chiusura dei bilanci di previsione per i numerosi enti coinvolti. Per rendersi conto della dimensione finanziaria del problema, basti pensare che il Fondo Anticipi Liquidità da una prima fase di 1,8 miliardi, era successivamente esploso a 4,6 miliardi. Il rischio vero ora, in vista delle scadenze contabili, riguarda, più che i consuntivi, i Bilanci di previsione, di qui il pressing per inserire la misura salvaComuni nel primo provvedimento utile. L’inevitabile conseguenza sarebbe ulteriori tagli alle spese anche primarie, che interessano i cittadini, soprattutto quelli più indigenti, a fronte dei maggiori danni già provocati dal persistere di una distribuzione delle risorse dei trasferimenti sulla base di una spesa storica che svantaggia il Mezzogiorno. I prossimi bilanci, di Napoli, Torino, Catania, dovranno essere riscritti, perché ogni possibile tentativo di puntare a un equilibrio contabile finisce per naufragare. Peraltro, ci sarebbe da chiedersi legittimamente, se allo Stato, com’è ovvio, viene data la possibilità di indebitarsi a 30 anni quando emette Btp, perché un Comune deve restituire le somme prese a prestito in un arco di tempo molto più breve, tra i 3 e i 5 anni? La verità è che quest’ennesima occasione, piuttosto che mettere la solita pezza, potrebbe essere colta al volo per applicare anche agli altri enti locali la norma specifica già in atto per Roma Capitale, che separa i debiti storici, ereditati dalle vecchie amministrazioni, da quelli contratti dalla giunta in carica. L’Anci sollecita una norma ponte che tamponi la falla aperta, ma apra a un intervento sistematico. La crisi dei Municipi non dipende solo da malagestione, che pure esiste, fa ricadere masse crescenti di debiti sulle spalle delle generazioni future. Come si pensa che i Comuni, chiamati a gestire l’attuazione di progetti del Recovery Plan, possano portare a termine impegnativi piani di sviluppo se non hanno i soldi per assumere tecnici o pagare task force all’altezza della sfida?