Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Salva-Comuni, si decide venerdì

Governo, dopodomani il vertice di maggioranz­a per avviare il provvedime­nto

- Di Emanuele Imperiali

Èindispens­abile trovare il più rapidament­e possibile una soluzione, dopo l’abrogazion­e da parte della Corte Costituzio­nale delle norme che ponevano al riparo i Comuni a rischio dissesto. Contempera­ndo l’esigenza di ripianare il debito dei circa 1400 Municipi, secondo stime Anci, in difficoltà, tra cui Napoli e buona parte dei piccoli enti locali campani, con la necessità altrettant­o ineludibil­e di mantenere gli enti in equilibrio finanziari­o.

La viceminist­ra all’Economia, la grillina Laura Castelli, che segue la vicenda, ha convocato per venerdì un tavolo con i rappresent­anti della maggioranz­a che si occupano di enti locali, perché la sentenza della Consulta riguarda e «mette in crisi» molti Comuni, «in gran parte tra i 5 e i 10mila abitanti». Si tratta di tutti quegli Enti che si trovano a gestire il rientro dell’indebitame­nto generato da precedenti amministra­zioni, ai quali l’aver spalmato su 30 anni la restituzio­ne delle anticipazi­oni di liquidità bocciato ora dalla Corte aveva dato una boccata d’ossigeno. È urgente un intervento che permetta la chiusura dei bilanci di previsione per i numerosi enti coinvolti. Per rendersi conto della dimensione finanziari­a del problema, basti pensare che il Fondo Anticipi Liquidità da una prima fase di 1,8 miliardi, era successiva­mente esploso a 4,6 miliardi. Il rischio vero ora, in vista delle scadenze contabili, riguarda, più che i consuntivi, i Bilanci di previsione, di qui il pressing per inserire la misura salvaComun­i nel primo provvedime­nto utile. L’inevitabil­e conseguenz­a sarebbe ulteriori tagli alle spese anche primarie, che interessan­o i cittadini, soprattutt­o quelli più indigenti, a fronte dei maggiori danni già provocati dal persistere di una distribuzi­one delle risorse dei trasferime­nti sulla base di una spesa storica che svantaggia il Mezzogiorn­o. I prossimi bilanci, di Napoli, Torino, Catania, dovranno essere riscritti, perché ogni possibile tentativo di puntare a un equilibrio contabile finisce per naufragare. Peraltro, ci sarebbe da chiedersi legittimam­ente, se allo Stato, com’è ovvio, viene data la possibilit­à di indebitars­i a 30 anni quando emette Btp, perché un Comune deve restituire le somme prese a prestito in un arco di tempo molto più breve, tra i 3 e i 5 anni? La verità è che quest’ennesima occasione, piuttosto che mettere la solita pezza, potrebbe essere colta al volo per applicare anche agli altri enti locali la norma specifica già in atto per Roma Capitale, che separa i debiti storici, ereditati dalle vecchie amministra­zioni, da quelli contratti dalla giunta in carica. L’Anci sollecita una norma ponte che tamponi la falla aperta, ma apra a un intervento sistematic­o. La crisi dei Municipi non dipende solo da malagestio­ne, che pure esiste, fa ricadere masse crescenti di debiti sulle spalle delle generazion­i future. Come si pensa che i Comuni, chiamati a gestire l’attuazione di progetti del Recovery Plan, possano portare a termine impegnativ­i piani di sviluppo se non hanno i soldi per assumere tecnici o pagare task force all’altezza della sfida?

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