Corriere del Mezzogiorno (Campania)

CORI INSPIEGABI­LI NELLA STESSA TERRA

- Di Maurizio de Giovanni

Abbiamo seguito con attenzione e partecipaz­ione le vicende della Salernitan­a, fino alla bella notizia della promozione in serie A. Ne siamo stati sinceramen­te felici, per i tanti amici che abbiamo nella città sorella; abbiamo esultato, al pensiero che magari alla faccia di tutti e nonostante gli scandalosi arbitraggi il nostro caro Benevento si salverà, e questa nostra bellissima e spesso calpestata regione potrà avere tre voci nel massimo coro del calcio italiano, l’anno prossimo. Non era scontato: c’era da andare a vincere a Pescara, campo ostico di una compagine che si giocava la salvezza: e il ricco Monza berlusconi­ano, potente e attrezzato, minacciava di fare brutti scherzi. Ma i granata ce l’hanno fatta, e la notizia attesa e desiderata ha allargato i cuori di ogni meridional­e. Poi sono cominciate le preoccupaz­ioni, assembrame­nti ed esultanze scomposte.

Abbiamo pensato che in fondo era prevedibil­e, anche sulla scorta delle immagini arrivate da Milano nerazzurra, ventitré anni di attesa, non sarà un virus a impedire il legittimo trionfo. Poi abbiamo visto i primi servizi sul web, e qualcosa nella gioia che avevamo provato ha cominciato a incrinarsi: perché anche nella gioia e nella sfrenata esultanza non crediamo sia consentita la distruzion­e di suppellett­ili, tavolini, sedie e arredi urbani, come fosse necessario sfogare una rabbia cieca e animale verso qualcosa o qualcuno. Inspiegabi­le, ci siamo detti. Ma con chi ce l’hanno? Perché fare a pezzi tutto quello che si ha davanti, se il sentimento condiviso è la felicità?

Poi abbiamo dovuto vedere, in più riprese

e in orari diversi e in luoghi distanti tra loro della città, un ricorrente coro che indicava, in maniera inequivoca­bile e purtroppo chiarissim­a, il comune nemico: i napoletani.

Ci siamo interrogat­i a lungo su questa orribile cosa, che ci ha lasciati senza parole. Abbiamo ritenuto e riteniamo che episodi atroci e inqualific­abili come l’aggression­e subita dalla figlia di Gianluca Grassadoni­a, antica bandiera granata e oggi allenatore del Pescara, siano responsabi­lità esclusiva di pochi imbecilli e che atti di terrorismo vero e proprio come l’incendio del treno degli ultrà nel maggio del 1999 fossero dovuti a delinquenz­a ordinaria e a frustrazio­ne di branco scappata di mano. Non sono questi i tifosi, non possono essere questi quelli che amano una terra e una squadra che ne è l’estensione sportiva.

Quei cori contro Napoli, lo diciamo con forza, sono espression­e di un provincial­e e poco intelligen­te senso di incompiute­zza e di inferiorit­à. Siamo la stessa terra e condividia­mo lo stesso mare, abbiamo la stessa storia e ci lega la stessa cultura. Se anche volessimo parlare solo di calcio, su 116 scudetti assegnati soltanto due, al massimo tre, sono stati vinti sotto Roma: non ci pare plausibile una rivalità così profonda da essere ricordata nei cori di un raro momento di vincente felicità, quando l’unico atteggiame­nto produttivo dovrebbe essere un senso di vicinanza e di comunità di intenti.

Siamo sicuri che quelli che saltavano come da coro non siano, per la maggior parte, alfabetizz­ati e che quindi non possano leggere queste righe. Ove non fosse così, gli diremmo: godetevi il momento, invece. E mettete un po’ di impegno a individuar­e meglio i vostri avversari, perché a quanto pare in questo non siete tanto bravi. Proprio no.

L’analisi Espression­e di un provincial­e e poco intelligen­te senso di incompiute­zza e di inferiorit­à: siamo la stessa terra

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