Corriere del Mezzogiorno (Campania)
CORI INSPIEGABILI NELLA STESSA TERRA
Abbiamo seguito con attenzione e partecipazione le vicende della Salernitana, fino alla bella notizia della promozione in serie A. Ne siamo stati sinceramente felici, per i tanti amici che abbiamo nella città sorella; abbiamo esultato, al pensiero che magari alla faccia di tutti e nonostante gli scandalosi arbitraggi il nostro caro Benevento si salverà, e questa nostra bellissima e spesso calpestata regione potrà avere tre voci nel massimo coro del calcio italiano, l’anno prossimo. Non era scontato: c’era da andare a vincere a Pescara, campo ostico di una compagine che si giocava la salvezza: e il ricco Monza berlusconiano, potente e attrezzato, minacciava di fare brutti scherzi. Ma i granata ce l’hanno fatta, e la notizia attesa e desiderata ha allargato i cuori di ogni meridionale. Poi sono cominciate le preoccupazioni, assembramenti ed esultanze scomposte.
Abbiamo pensato che in fondo era prevedibile, anche sulla scorta delle immagini arrivate da Milano nerazzurra, ventitré anni di attesa, non sarà un virus a impedire il legittimo trionfo. Poi abbiamo visto i primi servizi sul web, e qualcosa nella gioia che avevamo provato ha cominciato a incrinarsi: perché anche nella gioia e nella sfrenata esultanza non crediamo sia consentita la distruzione di suppellettili, tavolini, sedie e arredi urbani, come fosse necessario sfogare una rabbia cieca e animale verso qualcosa o qualcuno. Inspiegabile, ci siamo detti. Ma con chi ce l’hanno? Perché fare a pezzi tutto quello che si ha davanti, se il sentimento condiviso è la felicità?
Poi abbiamo dovuto vedere, in più riprese
e in orari diversi e in luoghi distanti tra loro della città, un ricorrente coro che indicava, in maniera inequivocabile e purtroppo chiarissima, il comune nemico: i napoletani.
Ci siamo interrogati a lungo su questa orribile cosa, che ci ha lasciati senza parole. Abbiamo ritenuto e riteniamo che episodi atroci e inqualificabili come l’aggressione subita dalla figlia di Gianluca Grassadonia, antica bandiera granata e oggi allenatore del Pescara, siano responsabilità esclusiva di pochi imbecilli e che atti di terrorismo vero e proprio come l’incendio del treno degli ultrà nel maggio del 1999 fossero dovuti a delinquenza ordinaria e a frustrazione di branco scappata di mano. Non sono questi i tifosi, non possono essere questi quelli che amano una terra e una squadra che ne è l’estensione sportiva.
Quei cori contro Napoli, lo diciamo con forza, sono espressione di un provinciale e poco intelligente senso di incompiutezza e di inferiorità. Siamo la stessa terra e condividiamo lo stesso mare, abbiamo la stessa storia e ci lega la stessa cultura. Se anche volessimo parlare solo di calcio, su 116 scudetti assegnati soltanto due, al massimo tre, sono stati vinti sotto Roma: non ci pare plausibile una rivalità così profonda da essere ricordata nei cori di un raro momento di vincente felicità, quando l’unico atteggiamento produttivo dovrebbe essere un senso di vicinanza e di comunità di intenti.
Siamo sicuri che quelli che saltavano come da coro non siano, per la maggior parte, alfabetizzati e che quindi non possano leggere queste righe. Ove non fosse così, gli diremmo: godetevi il momento, invece. E mettete un po’ di impegno a individuare meglio i vostri avversari, perché a quanto pare in questo non siete tanto bravi. Proprio no.
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L’analisi Espressione di un provinciale e poco intelligente senso di incompiutezza e di inferiorità: siamo la stessa terra