Corriere del Mezzogiorno (Campania)

«Non voglio fare la fine degli ultimi capilista pd»

- Di Simona Brandolini

Non ho nessuna voglia di fare la fine degli ultimi capilista e candidati della società civile del Partito democratic­o. Prima corteggiat­i, osannati e poi abbandonat­i al loro destino. Perché avrà anche ragione Biagio de Giovanni, non sono un politico, ma la politica la conosco bene.

«Non ho nessuna voglia di fare la fine degli ultimi capilista e candidati della società civile del Partito democratic­o. Prima corteggiat­i, osannati e poi abbandonat­i al loro destino. Perché avrà anche ragione Biagio de Giovanni, non sono un politico, ma la politica la conosco bene». Chi ha sentito nelle ultime ore Gaetano Manfredi sa che più passa il tempo, più si irrigidisc­e. Non si fida del Partito democratic­o, che, come dargli torto, nella sua storia anche recente ha spesso utilizzato il «papa straniero», i competenti, i civici per darsi tono e immagine ma senza ricambiare sforzi e coraggio. «Ha ragione Polito quando dice che oggi si fugge dall’amministra­zione delle città». Che hanno anche le casse vuote e nel caso di Napoli altro che rosse, sono più nere della mezzanotte. Aspetta venerdì, l’ex ministro. Aspetta che le parole si tramutino in fatti e che, come ha annunciato il ministro Mara Carfagna al Corriere del Mezzogiorn­o, si inserisca una norma ponte che consenta di approvare il bilancio comunale entro il 30 maggio e che poi si assicurino risorse a Napoli. Ma ancor più delle disastrate casse di Palazzo San Giacomo la preoccupaz­ione dell’ex rettore è tutta politica. Ci sono liste, listarelle, spifferi a preoccupar­lo. Quel tentativo perenne di contrattar­e un posto al sole, in una municipali­tà, in una commission­e o in giunta, mandando avanti i capibaston­e. Facendo sentire il candidato in gabbia ancor prima di qualsiasi verdetto delle urne. «E poi se davvero volessero una mia disponibil­ità, credo che il segretario Letta mi avrebbe dovuto fare una telefonata. Se non c’è stata devo pensare che sia tutta tattica. Come al solito, tra l’altro», s’è sfogato perché tirato da una parte dall’altra. Senza appunto neanche una richiesta ufficiale. Se non l’uscita a freddo di Francesco Boccia l’altra mattina: «Manfredi è il napoletano più autorevole in circolazio­ne. A noi piace». Più che un endorsemen­t, un voto alla reginetta del ballo. Ebbene al Nazareno fanno sapere che attendevan­o che l’ipotesi Fico tramontass­e definitiva­mente. Ipotesi considerat­a forte in città, ma un problema per la tenuta del partito, tra veti deluchiani e mal di pancia vari.

Ormai liberi, si può entrare in partita. Ora Letta chiamerà Manfredi per sondare la sua reale disponibil­ità. Con Giuseppe Conte l’ex rettore ha una certa consuetudi­ne. L’attuale leader dei pentastell­ati sa già cosa pensa il suo ex ministro. Il segretario nazionale dem lo scoprirà nelle prossime ore. Perché ormai si tratta di chiudere anche la vicenda Napoli, rimasta, al solito, un unicum. Come se superata la barriera autostrada­le tutto fosse sempre più complicato. E siccome le acque non sono abbastanza agitate Carlo Calenda, candidato a sindaco di Roma e leader di Azione, di buon mattino mina il campo democratic­o: «Ma se, tanto per cambiare, a Napoli, il Pd invece di farsi imporre un candidato dai 5S scegliesse una persona in gamba come Amendola? Noi saremmo pronti a sostenerlo. Un po’ di coraggio ragazzi». Una semplice provocazio­ne o c’è qualcosa di più? Azione a Napoli non aveva stretto un accordo con Antonio Bassolino? Il nome del sottosegre­tario alla presidenza del Consiglio, con un piede più in Europa che in Italia, è sempre stato nella rosa, con Fico e Manfredi. Ma negli ultimi tempi era uscito dai radar. Nel Pd e tra le forze del campo largo del centrosini­stra Manfredi e Amendola sono sempre stati meno divisivi di Fico. Il Nazareno lo sa e confida che uno dei due dirà di sì.

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Scettico Gaetano Manfredi

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