Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Non voglio fare la fine degli ultimi capilista pd»
Non ho nessuna voglia di fare la fine degli ultimi capilista e candidati della società civile del Partito democratico. Prima corteggiati, osannati e poi abbandonati al loro destino. Perché avrà anche ragione Biagio de Giovanni, non sono un politico, ma la politica la conosco bene.
«Non ho nessuna voglia di fare la fine degli ultimi capilista e candidati della società civile del Partito democratico. Prima corteggiati, osannati e poi abbandonati al loro destino. Perché avrà anche ragione Biagio de Giovanni, non sono un politico, ma la politica la conosco bene». Chi ha sentito nelle ultime ore Gaetano Manfredi sa che più passa il tempo, più si irrigidisce. Non si fida del Partito democratico, che, come dargli torto, nella sua storia anche recente ha spesso utilizzato il «papa straniero», i competenti, i civici per darsi tono e immagine ma senza ricambiare sforzi e coraggio. «Ha ragione Polito quando dice che oggi si fugge dall’amministrazione delle città». Che hanno anche le casse vuote e nel caso di Napoli altro che rosse, sono più nere della mezzanotte. Aspetta venerdì, l’ex ministro. Aspetta che le parole si tramutino in fatti e che, come ha annunciato il ministro Mara Carfagna al Corriere del Mezzogiorno, si inserisca una norma ponte che consenta di approvare il bilancio comunale entro il 30 maggio e che poi si assicurino risorse a Napoli. Ma ancor più delle disastrate casse di Palazzo San Giacomo la preoccupazione dell’ex rettore è tutta politica. Ci sono liste, listarelle, spifferi a preoccuparlo. Quel tentativo perenne di contrattare un posto al sole, in una municipalità, in una commissione o in giunta, mandando avanti i capibastone. Facendo sentire il candidato in gabbia ancor prima di qualsiasi verdetto delle urne. «E poi se davvero volessero una mia disponibilità, credo che il segretario Letta mi avrebbe dovuto fare una telefonata. Se non c’è stata devo pensare che sia tutta tattica. Come al solito, tra l’altro», s’è sfogato perché tirato da una parte dall’altra. Senza appunto neanche una richiesta ufficiale. Se non l’uscita a freddo di Francesco Boccia l’altra mattina: «Manfredi è il napoletano più autorevole in circolazione. A noi piace». Più che un endorsement, un voto alla reginetta del ballo. Ebbene al Nazareno fanno sapere che attendevano che l’ipotesi Fico tramontasse definitivamente. Ipotesi considerata forte in città, ma un problema per la tenuta del partito, tra veti deluchiani e mal di pancia vari.
Ormai liberi, si può entrare in partita. Ora Letta chiamerà Manfredi per sondare la sua reale disponibilità. Con Giuseppe Conte l’ex rettore ha una certa consuetudine. L’attuale leader dei pentastellati sa già cosa pensa il suo ex ministro. Il segretario nazionale dem lo scoprirà nelle prossime ore. Perché ormai si tratta di chiudere anche la vicenda Napoli, rimasta, al solito, un unicum. Come se superata la barriera autostradale tutto fosse sempre più complicato. E siccome le acque non sono abbastanza agitate Carlo Calenda, candidato a sindaco di Roma e leader di Azione, di buon mattino mina il campo democratico: «Ma se, tanto per cambiare, a Napoli, il Pd invece di farsi imporre un candidato dai 5S scegliesse una persona in gamba come Amendola? Noi saremmo pronti a sostenerlo. Un po’ di coraggio ragazzi». Una semplice provocazione o c’è qualcosa di più? Azione a Napoli non aveva stretto un accordo con Antonio Bassolino? Il nome del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, con un piede più in Europa che in Italia, è sempre stato nella rosa, con Fico e Manfredi. Ma negli ultimi tempi era uscito dai radar. Nel Pd e tra le forze del campo largo del centrosinistra Manfredi e Amendola sono sempre stati meno divisivi di Fico. Il Nazareno lo sa e confida che uno dei due dirà di sì.