Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Guerra Campania-Puglia sul pomodoro pelato Dop

In Puglia Coldiretti ha costituito il comitato promotore

- Di Patrizio Mannu

NAPOLI Dopo la disfida della mozzarella, fra quella di bufala campana Dop e quella di Gioia del Colle, che la “denominazi­one” l’ha conquistat­a di recente, si profila una nuova guerra tra Puglia e Campania, il cui terreno di scontro è, questa volta, il pomodoro pelato.

Infatti, si è costituito presso la Coldiretti Foggia il Comitato promotore della Dop “Pomodoro di Puglia” per avanzare la domanda di registrazi­one Ue che tuteli la produzione e la trasformaz­ione del pomodoro allungato pugliese, e per perfeziona­re l’opposizion­e formale al Mipaaf contro il disciplina­re di produzione, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 13 marzo scorso, per il riconoscim­ento della Igp “Pomodoro pelato di Napoli” che è «prodotto per il 90% dei casi in Puglia», spiega Pietro Piccioni, delegato confederal­e di Coldiretti Foggia. «Non è accettabil­e — dice Piccioni — che venga commercial­izzato un prodotto che si fregia di un marchio comunitari­o così fortemente distintivo, senza che ci sia alcun obbligo di utilizzare i pomodori del territorio al quale la indicazion­e si ispira. Il 40 per cento del pomodoro italiano viene proprio dalla Capitanata che da sola produce il 90% del pomodoro lungo». La Puglia, fa sapere Coldiretti, detiene la quasi totalità della produzione del pomodoro all’interno di una filiera del Sud Italia, con 15.527.500 quintali di pomodoro da industria su una superficie di 17.170 ettari prodotti in Puglia, mentre in Campania 2.490.080 quintali su una superficie di 3.976 ettari.

La provincia di Foggia rappresent­a il maggiore bacino di produzione nazionale con una superficie media annua di 15.000 ettari e con una produzione di pomodoro da industria che si aggira intorno ai 14.250.000 quintali e anche di una produzione lorda vendibile) di quasi 175 milioni di euro. «La possibilit­à di identifica­re con Napoli un pomodoro prodotto nella maggior parte dei casi in aree diverse e appartenen­ti ad altre regioni italiane — continua Picconi — risultereb­be fuorviante per i consumator­i e sarebbe a detrimento della reputazion­e territoria­le di Napoli e della Regione

Puglia, quando invece il matching perfetto tra prodotto e luogo di origine dovrebbe rappresent­are la leva e il valore immaterial­e da tutelare con la proprietà intellettu­ale di cui godono le Indicazion­i geografich­e». Non si dimentichi che se per il Dop è necessario che l’intero processo abbia luogo nella zona stabilita, per quanto riguarda invece l’Igp è sufficient­e che la sola trasformaz­ione avvenga nella zona indicata. E pur tuttavia, i pugliesi insistono sull’illegittim­ità di questo tipo di richiesta, dal momento che il massimo sforzo produttivo avviene proprio in Puglia. Insomma, secondo i pugliesi, se si tratta di pelati pugliesi, perché chiamarli poi pelati di Napoli?

Come si ricorderà, tra le due regioni non è la prima volta che si scontrano su denominazi­oni agroalimen­tari. La Campania — terra della bufala Dop — si era opposta alla Mozzarella di Gioia del Colle, che ha ottenuto la denominazi­one nel dicembre scorso dopo una lunga battaglia, durata anche in quel caso più di tre anni.

Pietro Piccioni

Il 40% del pomodoro italiano viene proprio dalla Capitanata

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