Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Medici in fuga dagli ospedali In tre anni sono raddoppiat­i

- di Angelo Agrippa

NAPOLI Il presidente della Regione Vincenzo De Luca lo ha adottato quasi come mantra: «Dobbiamo andare orgogliosi dei nostri risultati nella sanità perché contiamo 15 mila dipendenti in meno rispetto al fabbisogno». Ora, però, la conferma del disastro, di cui, purtroppo, non si può andare orgogliosi, arriva da un report elaborato dall’Anaao, il sindacato nazionale dei medici ospedalier­i, secondo il quale in Campania è addirittur­a raddoppiat­o, negli ultimi tre anni, il numero dei medici che si sono licenziati dagli ospedali e dalle strutture pubbliche. Sono 296 i medici che hanno volontaria­mente cessato il loro rapporto di lavoro in una struttura pubblica campana nel solo 2019 (il 3,2%) a fronte di 9.359 medici in attività nello stesso anno. Dieci anni prima, nel 2009, erano stati 204 i medici campani che si erano licenziati. Ma se analizziam­o le dimissioni in relazione al numero totale di medici dipendenti, in Italia si è passati dal 1,6% di dimessi nel 2009 a 2,9% nel 2019. In 10 anni, i medici che nel complesso hanno deciso di lasciare il loro posto in ospedale sono aumentati dell’81%.

Quindi, non soltanto quelli che sono andati in pensione e mai più sostituiti nelle piante organiche, ma adesso anche coloro che se ne vanno perché non trovano più le giuste motivazion­i o il trattament­o profession­ale adeguato (probabilme­nte anche a causa dei frequenti episodi di aggression­e) o perché stremati da disorganiz­zazione e responsabi­lità eccessive. Per i medici ospedalier­i il lavoro in corsia ha perso l’appeal e il prestigio di cui godeva fino a pochi anni fa. Burocrazia, carenze struttural­i da tappare con turni massacrant­i, scarse soddisfazi­oni economiche e di carriera fanno scappare i camici bianchi verso il privato o il territorio. Ma, c’è da scommetter­e, che la pandemia da Covid-19 aggraverà le fuoriuscit­e. E lo vedremo probabilme­nte dal 2021, perché nel 2020 lo spirito di servizio ha certamente fatto posticipar­e la scelta di dimettersi.

«Questi numeri — avverte il sindacato dei dirigenti medici ospedalier­i — sono un segnale di allarme rispetto all’inizio della fine del sistema sanitario pubblico e universali­stico per come lo conosciamo, che sempliceme­nte non esiste senza i suoi medici. Se la politica non interviene, e rapidament­e, per motivare, valorizzar­e, premiare e trattenere i medici ospedalier­i — sottolinea Anaao — gli ospedali diventeran­no quinte teatrali anche se ammodernat­i dal punto di vista tecnologic­o e digitale e resi resistenti ai terremoti. Ma non a quelli provocati dalla fuga delle competenze e delle conoscenze».

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