Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Reparti da riconvertire La Campania si muove, ma con molta cautela: ancora troppi casi gravi
Dal Cotugno al Cardarelli fino al Policlinico della Federico II A piccoli passi si tenta di recuperare posti per le altre patologie
«Riconvertire i reparti Covid e tornare dunque alla normalità? Io non credo che torneremo mai a quella che in tanti immaginano essere la normalità. All’ospedale Cotugno resterà sempre un reparto Covid e per ora si va avanti così, con assoluta fiducia nelle 40mila vaccinazioni effettuate ogni giorno ma con grandissima attenzione alle riaperture già annunciate e ormai prossime. Non possiamo permetterci errori e dobbiamo seguire con attenzione la ripresa delle attività commerciali e ludiche senza entusiasmi e con cautela». Maurizio Di Mauro, direttore generale dell’ospedale dei Colli, disegna la strategia del post pandemia e racconta che tornare al passato non è immaginabile.
«Nè è possibile dismettere l’attuale organizzazione. Almeno non per il momento. Il Cotugno è tutt’ora pieno, ci sono tre o quattro posti letto liberi. Dunque siamo in un equilibrio delicatissimo, diciamo che ce la facciamo quasi al millimetro. La terapia intensiva, per fortuna, è molto più leggera, ma per ora non si tocca niente nell’organizzazione. Disponiamo — ricorda il manager — di duecentottanta posti più quelli che ci sono al Monaldi».
La sfida è recuperare attività negli ospedali che prima garantivano prestazioni diverse da quelle legate al virus. «Noi comunque non ci siamo mai fermati — garantisce il direttore generale —. Abbiamo continuato a fornire assistenza a trecentosessanta gradi e, anche in questi mesi complicatissimi, il Monaldi è rimasto il secondo centro trapianti in Italia. Il Cto, invece ha avuto solo una piccola parte dei posti disponibili riservati ai pazienti Covid. Questo ha significato poter offrire una risposta ai pazienti oncologici, ai dializzati e a tutti quelli che hanno bisogno di riferimenti certi e sicuri per le proprie cure. Oltre che a pazienti che si sono rivolti ai nosocomi per emergenze di natura diversa».
La sfida è tornare, per il Cotugno, a rappresentare un punto di riferimento per una serie di patologie per le quali l’ospedale era centro di eccellenza: la meningite, l’epatite, l’Hiv. Il nosocomio è un centro di eccellenza infettivologico che ha offerto una risposta muscolare al Covid ma dove si punta a recuperare una serie di specificità.
«In questi giorni se ne parla e si tratta di confronti che attraversano tutto il Paese e, dunque, anche la Campania. Bisogna guardare avanti e lo stiamo facendo con slancio. Ma questo non significa che dobbiamo abbassare la guardia» avverte Maurizio Di Mauro.
Le spinte più significative per tornare all’organizzazione pre Covid arrivano dall’ospedale Cardarelli, il più grande del Mezzogiorno, dove il pronto soccorso è stato completamente rivoluzionato per fare posto all’emergenza pandemica. L’infettivologo Alessandro
Perrella conferma che da un mese si considera la possibilità di approdare a nuovi scenari. Lui è intanto tornato alle sue attività scientifiche e solo una volta al mese viene coinvolto nelle scelte strategiche. Resta concentrato su studi e sperimentazioni che potrebbero portare risposte di rilievo nelle prossime settimane e le scelte sulle riconversioni spettano al direttore sanitario Giuseppe Russo, con numeri e dati alla mano.
Altro fronte caldo quello del Policlinico. La struttura universitaria di via Pansini è stata interessata da un ridisegno della funzionalità di spazi e padiglioni, con conseguenti difficoltà logistiche per moltissimi medici che si trovano ad operare a distanza dai propri reparti. Via vai di ambulanze, personale medico e sanitario dalle corsie alle sale operatorie. Anche qui le spinte per andare oltre l’emergenza sono insistenti. Secondo i sindacati di medici e infermieri sarà complesso recuperare spazi e logistica in tempi brevi.
Di Mauro «Abbiamo sempre parecchi ricoverati per l’epidemia, l’equilibrio è delicato»