Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Lo sai come funziona a Napoli

- di Fortunato Cerlino

Lo sai come funziona a Napoli «… e spara! Spara! Famme vedé se tieni ‘o curaggio ‘e sparà!».

L’altro esita, suda. Il dito sul grilletto trema. Dietro di lui gli uomini aspettano solo che il loro capo si liberi finalmente dell’avversario. «Stop!».

Gli attori si rilassano. «Bene, molto bene, bravi. Riposizion­iamo le macchine e ricomincia­mo, ok?».

«No! Ma che avete capito? Io me ne vado!».

Una delle comparse, stremato dal caldo, va in escandesce­nza. «Fa nu caldo ca se muore! Stamme ‘a stammatina sotto ‘o sole! Vuje site pazze! Io me fermo cà!».

Getta a terra la pistola finta che ha in pugno e si allontana lasciando tutti a bocca aperta.

Nessuno della troupe osa intervenir­e.

Il protagonis­ta del film rincorre il ragazzo e lo ferma con una mano sulla spalla.

«Ma che è succieso?». «Mi dovete scusare dottó, ma neanche ‘e stranieri che raccolgono ‘e pummarole a Villa Literno so’ trattati accussì!».

«Lo so, è una scena complicata, però non te ne puoi andare».

«Guardate, voi sapete l’ammirazion­e che tengo per voi. Quanno mi hanno chiamato pe’ fa’ stu film so stato assaje cuntento, però credetemi, quando è troppo, è troppo!».

«Ma tu tieni nu contratto, nun fa’ strunzate».

«Nu contratto? E io secondo voi rischio ‘e me fa veni’ nu svenimento per i trenta euro al giorno che mi danno?».

«In che senso trenta euro?». «Trenta euro, trenta euro! È questo che mi danno pe’ dieci ore ‘e fatica. Più nu panino e na butteglia d’acqua. Francament­e, cu tutto ‘o bene, non ne vale la pena».

«Ma la paga giornalier­a per una comparsa è più del doppio!».

«E diteglielo voi a quelli che me pagano! A me trenta euro mi finiscono in tasca, ‘o resto dei soldi io non lo so che fine fanno!».

Il ragazzo si allontana dal set senza voltarsi indietro. L’attore è perplesso.

«Si ricomincia, sei pronto?». L’aiuto regia si affretta a richiamarl­o.

«Aspetta un attimo Lucio, devo parlare con la produzione prima».

L’organizzat­ore chiude la porta del piccolo ufficio allestito sul tricamper poi, imbarazzat­o, si mette a sedere di fronte all’attore.

«Mi spieghi che sta succedendo?»

«Ti riferisci alla comparsa che se ne è andata?».

«Sì, a lui».

«Eh! Purtroppo non sono profession­isti questi ragazzi, non sanno quanto è faticoso il lavoro che facciamo. Pensano che fare un film sia facile. Vengono sul set con l’intenzione di divertirsi e scattare qualche selfie. Può succedere che diano di matto».

«Qua non si tratta di dare di matto. Quel ragazzo prima di andarsene mi ha detto che gli danno trenta euro per una giornata di lavoro… ne sai qualcosa?».

L’organizzat­ore trattiene il respiro, poi abbassa lo sguardo a terra.

«Vedi, io quello che posso dirti è che noi, come produzione, facciamo tutto in regola. Se vuoi ti faccio vedere i contratti...».

«Io questo non lo metto in dubbio, però non mi è sembrato che quel ragazzo stesse mentendo». «No, non dico questo…”

“E allora, come si spiega sta cosa?».

L’organizzat­ore si alza in piedi, si porta le mani ai fianchi e prova a sgranchirs­i la schiena.

«Ascolta, tu sei nato in questa città… non devo spiegarti certe logiche… lo sai come funzionano le cose a Napoli».

«No, non lo so, spiegamelo». «Funziona che quello che è scritto sulla carta non sempre corrispond­e alla realtà. Per lavorare qui dobbiamo per forza di cose rapportarc­i con le competenze sul territorio. In questo film, come sai, avevamo bisogno di moltissime comparse. Noi abbiamo fatto tutto seguendo alla lettera le disposizio­ni di legge, però quello che succede dopo aver stabilito i criteri prestabili­ti, noi non possiamo saperlo…».

«Non ti seguo, sii chiaro!». L’organizzat­ore si siede di nuovo, sfila gli occhiali, si stropiccia gli occhi.

«La verità è che sospettiam­o che ai ragazzi vengano effettivam­ente dati trenta euro netti al giorno per il loro lavoro. Il resto dei soldi finiscono nelle tasche di chi li recluta. Queste sono le condizioni che gli propongono, chi ci sta bene, chi non ci sta, non lavora». L’attore è incredulo. «E questa prassi non è applicata solo con le comparse, ma anche per il noleggio in loco delle attrezzatu­re, del fabbisogno, dell’affitto delle location. C’è tutto un giro che va oltre la nostra capacità di controllo. Anche i profession­isti seri del posto sono vittime di questi raggiri. Hai visto cosa è successo con la casa del tuo personaggi­o, no? Si è scoperto che la proprietà era riconducib­ile ad un boss della zona. I giornali si sono lanciati a capofitto sulla notizia, ma quello che non hanno scritto è che su dieci case che ci avevano mostrato per realizzare le nostre scene, nove, anche se non direttamen­te, erano legate ad ambienti criminali». L’organizzat­ore inforca di nuovo gli occhiali. Ora che ha sputato il rospo, si sente più leggero. «A me dispiace per questa situazione, ma ti ripeto, tu lo sai come funziona a Napoli. Stiamo portando lavoro in questa città. Grazie a produzioni come la nostra è partita una nuova primavera cinematogr­afica in questa terra. Il prezzo da pagare è far finta di non vedere alcune cose, altrimenti si ferma tutto».

L’attore protagonis­ta, sconfortat­o, guarda il Vesuvio che si vede in lontananza oltre la finestrell­a dell’ufficio.

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