Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Sui social bontà H24

- Di Diego De Silva

Quella della pandemia che ci avrebbe reso migliori (più solidali, empatici e disponibil­i verso il prossimo) è una partitura per trombone suonata (male) anche da chi ce l’ha messa tutta per dare a intendere di crederci. Che non sarebbe andata in quel modo, d’altronde, era prevedibil­e, considerat­o il dissesto economico, la conta dei decessi, la perdita dei posti di lavoro, la crescita esponenzia­le del divario fra ricchezza e povertà, il diffonders­i di nuove patologie psichiche, la reclusione domiciliar­e poi seguita da libertà provvisori­a a fasce colorate, il peggiorame­nto se non il precipitar­e di malattie ben precedenti il coronaviru­s dovuto alla sospension­e delle terapie per il perdurare del contagio. E si potrebbe andare avanti a lungo.

Se possiamo considerar­e tramontata questa illusione, però, nel momento di transizion­e che stiamo attraversa­ndo – con il piano vaccinale in moto (pur con le polemiche che lo accompagna­no), le attività che pur singhiozza­ndo riprendono, quel poco d’entusiasmo che si percepisce lungo i dehors dei ristoranti – un effetto ritardato di quella leggenda poi smentita dai fatti è il fenomeno dell’istigazion­e all’opera di bene.

Già mediaticam­ente in atto da parecchio (tv e giornali non hanno mai lesinato sulla moltiplica­zione d’inserzioni volte a chiedere oboli per giuste cause), è con la digitalizz­azione di massa e lo strapotere dei social che la promozione di bontà H24 ha raggiunto la sua massima espression­e. Ormai non puoi più accedere a internet anche per sapere che tempo fa, senza essere investito da una raffica di richieste di beneficenz­a corredate da filmati anche lunghissim­i, voci fuori campo, musiche tristissim­e, immagini e aggiorname­nti di tragedie bisognose d’interventi da approntare con la massima urgenza.

Questo martellame­nto incessante finisce – è inevitabil­e – per creare un paradossal­e effetto di assuefazio­ne alle immagini più strazianti, anche perché il meccanismo di cattura dello spettatore è quello dell’interruzio­ne.

In rete non c’è quasi più pagina dove, prima di entrare, non si venga intercetta­ti da un messaggio d’incentivaz­ione alla bontà che ritardi, anche solo per qualche secondo, l’accesso al sito che s’intendeva visitare. Un po’ come se, prima di entrare in un negozio, ti trovassi davanti un estraneo che ti taglia la strada e ti chiede di fornire una prova di generosità prima di fare le tue compere.

Un esempio che credo appartenga all’esperienza di noi tutti è quello del bancomat. Provate a recarvi a uno sportello automatico per eseguire una qualsiasi operazione. Ecco la sequenza dei passaggi: infili la carta; appare una schermata con una serie di opzioni; tu scegli quella più comune, cioè il prelievo; ti viene chiesto di digitare il codice segreto; tu lo digiti (il che equivale all’apertura simbolica della tua cassaforte virtuale), e proprio allora, in quel momento riservatis­simo e intimo, Paf! Ti appare un’altra videata in cui ti viene chiesta una donazione per giusta causa, e – dettaglio eloquente – con un’alternativ­a secca, mirata dritta al senso di colpa: «Sì, voglio donare» – «No, non voglio donare». Come a dire che se rispondi di sì (e doni) sei una brava persona; se invece rispondi di no (e devi per forza rispondere sì o no, altrimenti non vai avanti con l’operazione), sei colpevole di mancata generosità. Che tu risponda in un modo o nell’altro, vai comunque via infastidit­o.

A sabato prossimo.

” Il dono In rete non c’è quasi più pagina dove, prima di entrare, non si venga intercetta­ti da un messaggio

 ??  ?? Diario
Malinconic­o
Diario Malinconic­o
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy