Corriere del Mezzogiorno (Campania)

A Napoli si nasce sempre meno

L’Istat: nel 2020 culle (ancora) in calo: -4%. E in Campania 10 anni fa c’erano 20 mila bebè in più

- Di Emanuele Imperiali

ANapoli si nasce sempre meno. Nel 2020 un crollo del 4% rispetto al 2019. Ma i numeri Istat non penetrano la coltre di paura del futuro che impedisce perfino di programmar­e quello che è il più gioioso evento.

ANapoli si nasce sempre meno. Un crollo di culle di un altro 4% a fine 2020, rispetto all’anno prima, certifica l’Istat, statistich­e alla mano. Ma i freddi numeri non penetrano la coltre di paura del futuro, di donne prive di lavoro e di qualunque forma di sostentame­nto, di soldi che mancano e impediscon­o perfino di programmar­e quello che è il più gioioso evento per una nuova famiglia.

Ormai fanno un figlio a testa se scelgono di diventare madri o poco più, come recita l’arida legge dei numeri che traccia una media di 1,33 a donna l’anno scorso contro l’1,54 precedente. Quanti sono i bimbi nati? L’asticella si blocca inesorabil­mente su 25.100 per una delle aree metropolit­ane più popolate e con la più alta concentraz­ione urbana del mondo, con poco più di 3 milioni di cittadini; 46.600 per l’intera Campania. Solo dieci anni fa, nella regione che si sbandierav­a essere la più giovane d’Italia, erano stati circa 66 mila; 20 mila in meno in due lustri. Il tasso di natalità dopo anni di boom è precipitat­o sempre più giù, per arrivare all’8,3% nella provincia napoletana, superato da quello di mortalità, che svetta al 10% nel 2020, complice la pandemia. La demografia è un pezzo importante della statistica e dell’economia. Perché la denatalità porta con sé minori consumi, Pil più basso, redditi che a loro volta si assottigli­ano. Un circolo vizioso di sottosvilu­ppo. Un paese senza figli non progetta, è destinato lentamente a invecchiar­e, si è lamentato Mario Draghi agli Stati generali della natalità.

Non a caso il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha ribadito che «la famiglia è il nucleo vitale della società e merita politiche di sostegno». Come calare questo discorso a Napoli città dove gli asili nido pubblici, nonostante gli sforzi, saranno sì e no una settantina, per la ben nota carenza di finanziame­nti ordinari dello Stato ai diritti di cittadinan­za non ugualmente tutelati dalle Alpi a Lampedusa? E’ vero, ci sono quelli privati, ma hanno costi che per molte famiglie sono insostenib­ili, in un’area metropolit­ana che ha tra i redditi più bassi d’Italia. Anche, ma certo non solo per questo, l’occupazion­e delle donne in Campania si ferma al 28,7%, una percentual­e a dir poco risibile, costrette a casa tra l’accudiment­o dei figli e la cura degli anziani. La letteratur­a, col commovente volume di Viola Ardone Il treno dei bambini, con frotte di marmocchi partenopei dati in affido dopo la guerra alle famiglie comuniste emiliane perché le madri non avevano di che sfamarli, sfuma oggi in un pallido ricordo. Eppure parliamo di 70 anni fa, non di chissà quanti secoli addietro.

La filmologia con gli scugnizzi che sciamano per le strade, gli sciuscià degli anni 40 e 50, sembra un’immagine cancellata dal tempo. La città è stata dipinta nell’immaginari­o collettivo come la patria dei bimbi, è vero, spesso malnutriti, ignoranti, abbandonat­i a sé stessi, ma comunque grande ricchezza per il futuro di una metropoli oggi accartocci­ata su sé stessa. L’Istat testimonia che Napoli è la città col minor numero di bimbi fino a 9 anni. Superata perfino da Palermo, Catania e Bari. Quando etichetta la Campania come la regione italiana con la più bassa speranza di vita per le donne, 82,3 anni, e per gli uomini 78,4, pur se in compagnia, in questo caso, della Val d’Aosta, allora è il segno tangibile che qualcosa è mutato nel profondo dei napoletani, e, in generale, dei meridional­i. Chi non ricorda le ragazzine che spesso a 14 anni se non prima avevano già a panza annanz. Oggi l’età media al parto sfiora i 32 anni. Una cifra racchiude il senso profondo della rivoluzion­e avvenuta nella società e nel costume partenopeo: si è invertito il trend tra vecchi e ragazzi, gli ultra 65enni sono poco meno del 20% della popolazion­e, uno ogni 5; i minori di 14 anni appena il 14%. In una parola, più nonni e perfino bisnonni, meno bambini.

Napoli e il suo vasto sterminato hinterland sono diventati un luogo per vecchi. «Mentre le famiglie sono nelle sabbie mobili e le donne incinte debbono nascondere la pancia per lavorare — ammonisce Papa Francesco —. Non può esserci ripartenza senza un’esplosione di nascite, senza la capacità di infondere fiducia e speranza alle giovani generazion­i». E’ da qui che bisogna ripartire.

Il Capo dello Stato Mattarella: «La famiglia è il nucleo vitale della società e merita politiche di sostegno»

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