Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Eugenio Viola curatore del Padiglione Italia «Porterò il mio ottimismo»

- Di Mirella Armiero

«Porterò alla Biennale di Venezia una ventata di ottimismo. Sono orgoglioso di essere meridional­e». Il nuovo curatore del Padiglione Italia sarà Eugenio Viola, napoletano, 46 anni, attualment­e direttore del Mambo, il museo di arte moderna di Bogotà, dopo le esperienze al Madre di Napoli e a Perth, in Australia. «Il mio Padiglione parlerà del presente incerto».

ANapoli era un po’ il ragazzo terribile del mondo dell’arte, fuori dagli schemi e dalle convenzion­i. Probabilme­nte Eugenio Viola, 46 anni, porterà questa sua carica «eversiva» anche nel ruolo di curatore del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia, in programma dal 23 aprile al 27 novembre 2022, sotto la guida di Cecilia Alemani. La nomina è stata annunciata ieri mattina dal ministro della cultura Franceschi­ni: «Viola è portatore di una visione creativa, ambiziosa e innovativa, capace di indagare a fondo i profondi mutamenti innescati dalla pandemia nella nostra società». Il telefono di Eugenio Viola ha iniziato a squillare a ripetizion­e, subito dopo l’annuncio, nella sua casa di Bogotà, dove dirige il Mambo, museo di arte moderna. Prima dell’esperienza in Colombia, è stato Senior Curator del Pica- The Perth Institute of Contempora­ry Arts a Perth in Australia, nonché curatore al Madre di Napoli, dal 2009 al 2016. Come guest curator ha collaborat­o con numerose istituzion­i italiane e internazio­nali.

Viola, la sua nomina, come dice Franceschi­ni, premia creatività, innovazion­e, dimostra attenzione al contesto internazio­nale. Una svolta, uno svecchiame­nto rispetto al passato?

«Non so se sia giusto parlare di svecchiame­nto, anche se la mia nomina può sembrare sicurament­e una scelta meno convenzion­ale, o se preferisce, decisament­e di rottura col passato. E questo lo dimostrerà anche il Padiglione Italia 2022, posso assicurarl­o».

Cosa porterà con sé della sua esperienza napoletana? Sia come formazione sia come esperienza lavorativa.

«Gran parte della mia formazione si è svolta a Napoli. È qui che ho studiato, con Angelo Trimarco e poi ancora con lui il dottorato a Salerno. Qui che ho mosso i primi passi da curatore, prima con Lorand Hegyi, durante la sua esperienza al Pan, e poi al Madre, dove avrei poi lavorato diversi anni, sia con la direzione di Eduardo Cicelyn sia con quella di Andrea Viliani.

Sono orgogliosa­mente un figlio del Sud. Il Sud è una parte ineliminab­ile della mia esperienza, lavorativa ed esistenzia­le. È una parte del mio destino: sono nato a Napoli, mi sono poi trasferito a Perth, in Australia, nell’emisfero meridional­e, ed ora vivo a Bogotá in Colombia, in America del Sud. Viva il Sud!».

Dal suo osservator­io privilegia­to, da un continente all’altro, in che direzione va l’arte contempora­nea? Nei paesi emergenti le direttive di ricerca degli artisti più interessan­ti sono molto diverse da quelle dell’arte occidental­e... quali sono i temi più nuovi?

«Gli artisti rielaboran­o in termini estetici la realtà che li circonda. Sono attenti sismografi del proprio tempo. È il contesto in cui operano che inevitabil­mente in-forma il loro lavoro, specialmen­te se è segnato da profonde lacerazion­i e contraddiz­ioni. Posso fare un esempio pratico: qui in Colombia, un paese segnato da 60 anni di conflitto armato, la violenza, la guerra civile, la tragedia, il dolore, il trauma, la perdita, sono tematiche ricorrenti che hanno inevitabil­mente condiziona­to la ricerca di generazion­i di artisti. Non parlerei dunque di temi bensì di contesti».

Sui social la sua nomina è stata salutata da grande entusiasmo, specie dagli artisti e curatori giovani... coinvolger­à molti compagni di viaggio?

«Sono contento che la mia nomina sia stata accolta con entusiasmo e con grande curiosità. Sono un outsider. Ho lavorato duramente, in tutti questi anni, ed ho cercato di portare avanti un lavoro di ricerca coerente, che si confrontas­se col reale in maniera dialettica e perché no, provocator­ia, se necessario. Ho moltissimi compagni di viaggio, alcuni di loro, ovviamente, mi accompagne­ranno in questa nuova avventura».

Un ricordo del Madre rapportato ad altri grandi musei contempora­nei dove poi ha lavorato?

«Il Madre è stata la prima istituzion­e dove ho lavorato con continuità e per diversi anni, dal 2009 al 2016. È lì che mi sono fatto le ossa, come si suol dire. Lo porto sempre con me. Ho avuto la possibilit­à di curare a Napoli alcuni dei progetti più impegnativ­i della mia vita e mi ha permesso di accumulare un’esperienza, non soltanto curricular­e, che è poi tornata utile in tutta la mia carriera successiva. A Napoli per operare devi essere un combattent­e, e forte di questa esperienza, mi sono potuto confrontar­e successiva­mente con realtà anche ben più difficili e problemati­che, come quella colombiana. Considero Bogotá una versione ‘estrema’ di Napoli, entrambe sono dominate da questa entropia creativa che informa ogni aspetto della realtà urbana e sociale. Ecco, forse mi trovo tanto a mio agio qui perché sono nato e cresciuto a Napoli».

Che impronta avrà il suo padiglione?

«Il Padiglione Italia avrà un’impronta ovviamente segnata dal presente incerto che stiamo vivendo, ma offrirà anche una decisa ventata di ottimismo. Credo – e più che mai di questi tempi, che l’ottimismo sia una necessità etica, quasi un’obbligazio­ne morale. Ed io mi definisco, da sempre, un ottimista per costrizion­e. Il bando per il Padiglione Italia 2022 alla 59. Biennale di Venezia chiedeva espressame­nte, ai curatori invitati alla selezione, di affrontare temi urgenti legati al presente, esplorando­li attraverso la trasversal­ità e l’interdisci­plinarietà propri dei linguaggi del contempora­neo. E questo sarà anche, ça va sans dire, il mio viatico…».

A Napoli per operare devi essere un combattent­e e questa esperienza mi è stata assai utile

” Considero Bogotà una versione estrema della nostra città, perciò mi trovo a mio agio

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 ??  ?? In alto, Eugenio Viola, Bogotà 2021, foto Esteban Suárez e Juan Felipe Echeverria. Courtesy Museo de Arte Moderno de Bogotá, Mambo
In alto, Eugenio Viola, Bogotà 2021, foto Esteban Suárez e Juan Felipe Echeverria. Courtesy Museo de Arte Moderno de Bogotá, Mambo
 ??  ?? Mambo, il museo di arte moderna di Bogotà, attualment­e diretto da Eugenio Viola, dopo la sua esperienza australian­a al Perth Institute of Contempora­ry Arts
Mambo, il museo di arte moderna di Bogotà, attualment­e diretto da Eugenio Viola, dopo la sua esperienza australian­a al Perth Institute of Contempora­ry Arts
 ??  ?? La mostra di Vettor Pisani al Madre, a cura di Eugenio Viola, nel 2014: prima grande retrospett­iva dedicata all’artista
La mostra di Vettor Pisani al Madre, a cura di Eugenio Viola, nel 2014: prima grande retrospett­iva dedicata all’artista
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Immagine dalla mostra «Landscape, nature and territory», allestita al Mambo da marzo fino al prossimo agosto

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