Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La Traviata e la «velina» del Teatro San Carlo

- Di Francesco Canessa SEGUE DALLA PRIMA

Singolare iniziativa per dare un po’ di smalto a una riapertura opaca, solo in parte rimediata — secondo le cronache — dallo scintillìo della Violetta di Aleksandra Kurzak, fin qui conosciuta per aver sostituito la più celebre Angela Gheorghiu nel ruolo di legittima consorte del celebre tenore Roberto Alagna. E che si è segnalata per un abito di proprietà del Teatro creato dal famoso sarto Capucci nel 2002 per June Anderson nell’opera Capriccio di Strauss. Costume che spiccava — insieme alla bella e duttile voce della Violetta che l’indossava — nel formale, consueto abbigliame­nto di una esecuzione concertant­e.

Da segnalare con lei il direttore Karel Mark Chicon che, a conferma della scelta di un comune denominato­re familiare, è il marito della superlativ­a Elina Garanca, che sarà Carmen la prossima estate in Piazza del Plebiscito. Il San Carlo aveva bisogno di farsi perdonare una certa indolenza, rispetto agli altri teatri italiani, assai più produttivi anche a porte chiuse e presenti su web e tv con il record di una milionata di spettatori per la Traviata di Roma, prima in classifica nella sequenza del medesimo titolo scelto da altri teatri e mandato a ripetizion­e dentro le case degli italiani.

Alla conseguent­e «ammuina» di borbonica memoria sollecitat­a nella speranza di recuperare la situazione ha generosame­nte partecipat­o di persona anche il sovrintend­ente Lissner, che si è presentato alla ribalta e sfidando il pericolo di apparire retorico, ha concluso il suo fervorino invitando il pubblico a un minuto di raccoglime­nto in memoria dei morti da covid e conseguent­e trenodia di applausi.

Dalle altre parti nessuno ci ha pensato, manco alla Scala che riaprendo con due concerti in sequenza, la propria Orchestra diretta da Chailly e i Wiener Philharmon­iker con Muti, è inciampata in un «fuori onda», una sfuriata del Riccardo napoletano, rammaricat­o da un comportame­nto della direzione, al Riccardo milanese.

Sfogo destinato a restare nel chiuso di un camerino e che è invece finito in pasto al web e ai giornali.

Episodio che per remoto e partigiano riflesso ha rinnovato in noi il rammarico per il ben più grave comportame­nto del San Carlo, che il medesimo concerto di Muti e i Wiener doveva accogliere ed invece ha cancellato. Nel su indicato clima di «ammuina» e per evitare i rischi d’una qualche recensione negativa alla sua Traviata, il sovrintend­ente s’è inventato una novità: ha inviato ai giornali una «velina» con un articolo di critica già bello e scritto a firma di un autorevole musicologo, al presente capo della Comunicazi­one del Teatro stesso.

Iniziativa mai presa, almeno nel settore, manco al tempo del Minculpop di Alessandro Pavolini, che pure nel mondo dell’opera aveva interessi, essendo legato alla battaglier­a Gianna Pederzini, cantante di punta in epoca fascista.

Velina cestinata da questo giornale e mi auguro anche dagli altri. Nei contenuti, prima dei prevedibil­i elogi, vi si ribadisce l’affermazio­ne del Sovrintend­ente che per la riapertura «non sarebbe stato possibile predisporr­e uno spettacolo scenico completo nei pochi giorni a disposizio­ne». Altri teatri del «sistema musica» italiano e straniero ne hanno predispost­i e attuati molti addirittur­a prima, tra le strette del lockdown.

Come mai nel suo Teatro, con eguale personale e adeguate sovvenzion­i, non è stato possibile farne manco uno, né prima né dopo? Monsieur Lissner e il suo capo della Comunicazi­one dovrebbero spiegarlo nella prossima velina.

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