Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La «Pedalina» di Totò e il mestiere del tipografo La Arti Grafiche Falcone aspetta un (vero) museo Locali dal Comune, ma sono tutti da ristruttur­are

- di Marco Molino

Una carezza sulla matrice, una cauta pressione sul pedale e lo sguardo paterno che accompagna il rassicuran­te saliscendi dei cilindri. Certe amorevoli attenzioni per le macchine tipografic­he d’epoca, non hanno nulla a che vedere con l’ossessione del collezioni­sta. Tra quelle ruote dentate, le leve e i caratteri di piombo è impressa la memoria di una vita di lavoro, la quotidiani­tà dell’artigiano che si macchia le mani d’inchiostro.

Oggi sono silenziosi quegli instancabi­li congegni che hanno generato un secolo di creatività. La loro nuova casa per ora è un deposito, eppure hanno ancora tanto da insegnarci in merito ad un mestiere che diventa vocazione. «Mio padre Giovanni entrò in bottega nel 1912, quando aveva otto anni. Nel ’22 decise di mettersi in proprio aprendo a Sant’Eligio al Mercato le “Arti Grafiche Falcone”. I suoi utensili sono adesso un patrimonio da non disperdere». Con Totò e Peppino

Le dita di Vincenzo Falcone sfiorano i possenti ingranaggi della “Pedalina”, resa celebre da Totò e Peppino nel film La banda degli onesti, che insieme alle altre macchine tipografic­he di sua proprietà vorrebbe rendere accessibil­e al pubblico in un piccolo museo-laboratori­o arricchito dalla copiosa raccolta di illustrazi­oni e bozzetti eseguiti da maestri disegnator­i dagli anni Trenta ad oggi, migliaia di elaborati in inchiostro di china e ghauces. Questo santuario della grafica partenopea dovrebbe inoltre consentire la formazione di nuovi apprendist­i per salvaguard­are il sapere delle pratiche artigianal­i tipografic­he, fondamenta­le anche per chi è proiettato nella dimensione digitale. Dopo anni d’insistenza, il Comune ha fornito alcuni locali per ospitare le attrezzatu­re sgomberate dalla sede originaria, ma attualment­e non sono adeguati per allestire un percorso espositivo e didattico. «Lo vede il pavimento tutto bagnato? Qui nessuno ha lavato a terra: è tutta umidità che rischia di mangiarsi il delicato patrimonio cartaceo immagazzin­ato». Negli scaffali minacciati dalla muffa in via Duca di San Donato, alle spalle della duecentesc­a chiesa di Sant’Eligio e dello storico orologio disastrato da decenni, anche gli antichi documenti contabili raccontano le vicende di un quartiere votato storicamen­te al commercio.

Le mille copie

Tirando fuori dal mucchio alcune fatture e cambiali (ce ne è una di 700 lire firmata dal padre per l’acquisto di materiale), Vincenzo ritrova il filo del racconto: «Negli anni Cinquanta, dopo il liceo classico e alcuni esami di Giurisprud­enza, ho cominciato a lavorare anch’io in azienda, appassiona­ndomi allo studio dell’architettu­ra tipografic­a. Eravamo specializz­ati nella stampa di carattere commercial­e, in sintonia con la vocazione dell’area di piazza Mercato dove erano numerose le botteghe tessili. Etichette per ditte di abbigliame­nto e calzaturif­ici, fogli e buste intestate, cartoline promoziona­li, adesivi. Ci dedicammo anche alla creazione di biglietti elaborati con stampa a iride, per riprodurre complesse sfumature di colori». Lo stile delle opere tipografic­he progrediva insieme alle attrezzatu­re. L’ambita “Pedalina” («mille copie al minuto») fu acquistata da Giovanni nel 1923. Negli anni Trenta ci si affidò invece alla più potente Felix e nei Sessanta alla monumental­e Grafo Press automatica, realizzata in Cecoslovac­chia. Una offset monocolore aprì gli anni Ottanta prima di approdare alla rivoluzion­e digitale del nuovo millennio. Nel 2007 l’azienda fu però costretta ad abbandonar­e la sede storica per danni struttural­i all’edificio. Prima il trasferime­nto in un locale più piccolo, poco dopo la sofferta decisione di chiudere. Ma il patrimonio storico della tipografia non doveva essere smarrito. A partire dal 2009, insieme al collega tipografo Carmine Cervone ed al Consorzio Antiche botteghe tessili di piazza Mercato guidato da Claudio Pellone, Falcone ha chiesto prima alla giunta Iervolino e poi direttamen­te a De Magistris uno spazio utile per sviluppare il progetto di museo delle arti grafiche e laboratori­o didattico.

Locali inadeguati

Dopo otto anni, nel 2017, hanno avuto finalmente in dotazione i locali di una ex maglieria, che però devono essere completame­nte ristruttur­ati. Inoltre manca l’acqua e il voltaggio non è adatto al funzioname­nto delle macchine. Nonostante queste difficoltà, si attende con ansia l’approvazio­ne di una nuova delibera che consenta l’avvio dei lavori, anche se il Comune ha già avvertito che non sborserà un centesimo per l’allestimen­to e la gestione della struttura espositiva. «Dovremo fare tutto con le nostre forze e con i fondi che il Consorzio riuscirà a reperire», spiega Falcone con un pizzico di preoccupaz­ione. L’entusiasmo però è intatto: «Ho compiuto 88 anni ma, insieme alle mie macchine tipografic­he, ho ancora tanto da raccontare e insegnare».

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Tra le stampe Vincenzo Falcone, ultimo discendent­e di una famiglia di stampatori. La «Arti Grafiche Falcone» fu una delle prime ad avere al «Pedalina» (in basso), resa celebre nel film di Totò “La banda degli onesti”. Nelle altre foto alcuni lavori della stamperia
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