Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Addio all’artista Massimo Steich Con lui i sogni trasformati in scenografie
Forse perché era nato a Biella (nel 1955) e non aveva mai perso l’accento piemontese, forse per quell’eleganza rara che trasudava humanitas, di certo Massimo Staich sembrava atterrato tra i vicoli di Napoli - città d’adozione - da un altrove rarefatto di sogni. Quelli che da artista, scultore, grafico e scenografo ha trasfuso nel teatro di Davide Iodice, Mauro Maggioni, Francesco Di Leva, Raffaele Di Florio, Giovanna Facciolo e Luigi Marsano e naturalmente della moglie Marina Rippa con la quale aveva fondato prima la compagnia libera mente poi La scena delle donne approdata da anni a Forcella. «Sei stato la metà esatta del mio teatro - scrive Iodice -. Abbiamo scatenato tempeste con una lampadina e fatto fiorire muri, abbiamo piantato alberi dalle foglie d’oro e creato costellazioni per cieli di latta, ci siamo aggrappati al tendone del nostro circo perché il vento non lo soffiasse via. Le tue mani di artigiano, artista, poeta mi hanno sostenuto e spinto con forza e grazia». Per Antonella Monetti è stato «un uomo speciale, irripetibile come dovrebbe essere ogni uomo». E per la drammaturga Sarasole Notarbartolo: «Nel suo entusiasmo accogliente si scopriva che la poesia ha scampo e che da qualche parte al mondo è possibile posare le armi e starsene indifesi, senza paura». Aveva collaborato anche con Riccardo Veno, Antonello Cossia, Raffaele Di Florio e Sergio Longobardi: «Che privilegio averti incontrato scrive quest’ultimo - e aver condiviso con te anni di formidabile follia creativa in cui la tua straordinaria sensibilità forgiava il senso del mio fare». A Massimo Staich ridean gli occhi per le grandi e le piccole cose di questo mondo sghembo e inadeguato e, come scrive Maurizio Braucci, è andato via «come un gatto che si allontana nella notte».