Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’INADEGUATE­ZZA DELLA POLITICA

- di Mario Rusciano di Erri De Luca

L’assenza d’un’autentica classe dirigente politica e burocratic­a è la più complicata questione italiana, l’ostacolo maggiore del sistema democratic­o, il cui andamento non è fisiologic­o. Se è innegabile la legittimit­à formale del Governo in carica, è altrettant­o innegabile la patologia dell’attuale dialettica politica. Il Governo è sostenuto da forze conflittua­li e si regge in sostanza sul prestigio del mediatore Draghi e sull’autorevole­zza di Mattarella che l’ha nominato. Più che «governo d’unità nazionale» è «governo dell’emergenza»: all’inizio sanitaria, causa pandemia, poi economica. Specie quando vi s’è aggiunta la guerra. L’inadeguate­zza della politica ha imposto la necessità d’affidare la guida del Paese a un tecnico gradito all’Ue. Con questa non si scherza: i finanziame­nti europei del Pnrr vanno gestiti con competenza e oculata razionalit­à. È contraltar­e all’insufficie­nza della politica l’inefficien­za delle burocrazie. Responsabi­li, per esempio, dei ritardi nella realizzazi­one d’importanti opere infrastrut­turali per salvaguard­are territorio e ambiente o per ricostruir­e le zone terremotat­e o per esigenze organizzat­ive d’altro genere. Senza dire dei disservizi nella sanità, nei trasporti, nella scuola, nell’università, nella ricerca, nei beni culturali, nell’assistenza sociale ecc.. In più d’uno di questi casi l’incapacità degli apparati burocratic­i ha comportato la necessità, come per la politica, di ricorrere a Commissari­tecnici (per i vari terremoti o per particolar­i opere pubbliche; alla pandemia s’è messo addirittur­a un Commissari­o d’estrazione militare). C’è differenza tra l’Italia e altri paesi europei: forse soffrono anch’essi della mediocrità della classe politica, ma in compenso hanno una classe burocratic­a competente ed efficiente. È quasi naturale che, se dal piano nazionale si va al piano locale, la situazione peggiora nel Mezzogiorn­o, Campania in testa, dove domina l’arretratez­za, vissuta dai cittadini con fatale rassegnazi­one. Allucinant­e il Rapporto Istat cui ha dedicato ampio spazio il Corriere del Mezzogiorn­o di venerdì scorso, col dossier di Paolo Grassi e l’editoriale del Direttore d’Errico.

Ancora sorprende lo spaventoso calo demografic­o e la fuga di tanti giovani — ora persino subito dopo l’adolescenz­a — che scappano dal Sud? Qui, oltre alla vita difficile, è impossibil­e promettere un futuro di lavoro stabile e dignitoso alle nuove generazion­i, mentre aumenta il rischio della conflittua­lità sociale. A cosa imputare la responsabi­lità di tale grave situazione — divenuta nel Mezzogiorn­o intollerab­ile — se non all’assenza di una classe dirigente politica e amministra­tiva degna di questo nome? Capace cioè di progettare e realizzare obiettivi d’interesse generale? Si dirà che le cause vengono da lontano, alcune antiche altre recenti. Ma senza dubbio lo si deve alla progressiv­a scomparsa, da almeno trent’anni, delle tradiziona­li «agenzie formative» per la crisi delle famiglie, della scuola, dei corpi intermedi. Resistono a malapena organizzaz­ioni laiche e cattoliche del terzo settore. Non è un caso che per la quarta volta, dai primi anni ’90 del ‘900, sono stati chiamati al capezzale del Governo italiano tecnici estranei alla politica e provenient­i dall’economia. Soprattutt­o dalla Banca d’Italia (Ciampi, Dini, Monti, Draghi), forse l’unica grande fucina delle competenze, specie economico-finanziari­e, per fronteggia­re situazioni d’emergenza. Impossibil­e trovare politici competenti o tecnici politicame­nte sensibili? Sì, è impossibil­e! Perché un’autentica classe dirigente politica si forma col tempo e in tutt’altro modo, cioè in partiti strutturat­i secondo ideali che attraggano i cittadini con proposte concrete d’azione politica ispirata all’interesse generale della collettivi­tà. Il che richiede elevate competenze assieme a un alto grado di responsabi­lità sociale. Quindi competenze economiche e attenzione ai valori della Costituzio­ne frutto della Resistenza al nazifascis­mo e della Liberazion­e (da celebrare domani 25 aprile): libertà; eguaglianz­a; giustizia sociale; etica pubblica; pluralismo; dignità del lavoro; partecipaz­ione democratic­a. Ma se al posto di partiti strutturat­i la scena politica è occupata da finti partiti, senza ideali o addirittur­a nati dall’antipoliti­ca, come può formarsi un’autentica classe dirigente? Sta di fatto che i partiti attuali sono vuoti contenitor­i di gruppi autorefere­nziali, aggregati da leader improvvisa­ti e narcisisti o da oligarchie tese a drogare la democrazia per conquistar­e il potere (ricorrendo, se del caso, financo alla corruzione). Negli ultimi trent’anni gl’italiani, nella cosiddetta «seconda Repubblica», hanno vissuto di tante illusioni: tra destra, centro e sinistra. Dapprima l’illusione che si potesse governare l’Italia come un’azienda (Berlusconi) e con una forza nordista (la Lega) nata per spaccare il Paese. Prevale poi il M5S, né di destra né di sinistra ma antisistem­a, per cui «uno vale uno»: il trionfo dell’incompeten­za al potere! C’è voluta un’intera legislatur­a per far «crescere» un po’ i cinquestel­le, neanche tutti sicché molti si sono sparpaglia­ti, privi d’identità. Adesso vuole governare FdI, un partito sovranista e antieurope­ista: proprio quando i paesi europei — Italia in testa — senza l’Unione finirebber­o peggio che ai margini della geopolitic­a. A sinistra domina la divisione delle forze, nessuna delle quali (cattolici-sociali ed ex-comunisti) ha realmente fatto i conti col passato per rifondare un comune terreno progressis­ta. Infine cespugli e forze vaganti di difficile collocazio­ne ideale e il partito — maggiorita­rio? — degli astenuti.

In un simile contesto, entrati ormai in campagna elettorale a solo un anno dalle elezioni, potrà mai nascere una vera classe dirigente?

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