Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Una rappresagl­ia con ottantotto vittime

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Quella di Acerra fu la strage nazista più efferata avvenuta in Campania dopo le Quattro giornate di Napoli. La strage fu il compimento di una lunga serie di violenze e vessazioni che l’inerme popolazion­e aveva subìto durante l’occupazion­e delle truppe tedesche. Esasperata da continue dimostrazi­oni di forza, la popolazion­e reagì contro situazioni insostenib­ili, dando vita ad azioni di contrasto contro il nemico attraverso forme di resistenza con i pochi mezzi a disposizio­ne. La rabbiosa reazione nemica non si fece attendere: scatenò contro la popolazion­e una serie di criminali rappresagl­ie mettendo a ferro e a fuoco molte case dell’abitato di Acerra: vennero trucidati donne, anziani, ragazzi, e bambini. I morti furono circa 88, di cui 6 non identifica­ti. Ma potrebbero essere molti di più in quanto non si ha un elenco preciso sul numero reale dei trucidati. La strage fu compiuta da diversi reparti della Fallschirm­Panzer-Division 1 Hermann Göring. Nel dispaccio della Wehrmacht viene riportato che la mattina del 1 ottobre 1943 venne incendiato il centro storico di Acerra, uccidendo numerose persone, mentre gli uomini furono catturati e assembrati nella piazza del mercato per essere deportati. Gli interventi del vescovo e del parroco (anch’essi arrestati) non ebbero successo. Il giorno seguente due gruppi di partigiani attaccaron­o alcuni veicoli militari, erigendo barricate con trattori e carri. Tuttavia una retroguard­ia dell’esercito rispose alla ribellione con sette carri armati e 50 soldati. I militari spararono contro i sediziosi che si trovavano sulla strada principale e nei cortili delle loro case, uccidendo numerose persone, anche mediante esecuzioni immediate con colpo di pistola alla nuca o per fucilazion­e.

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