Corriere del Mezzogiorno (Campania)
IN CAMPANIA È SCOMPARSA L’OPPOSIZIONE
Se Vincenzo De Luca fa il bello e il cattivo tempo accarezzando l’idea del terzo mandato, se Gaetano Manfredi se la prende comoda come se avesse davanti a sé non un mandato amministrativo ma l’eterno e le morte stagioni, se la Campania sembra esser diventata una sorta di mondo a parte o di vicereame spagnolo è per un solo e unico motivo: non c’è l’opposizione.
Sfido chiunque a fare il nome di un politico napoletano o campano che possa essere indicato come un leader da contrapporre non solo al governatore e al sindaco ma alla sinistra cittadina e regionale. Stefano Caldoro è fuori dai giochi: non perché non sia credibile ma più semplicemente e concretamente perché la sua figura appartiene, ormai, ad una, appunto, leopardiana «morta stagione»: riguarda il passato, non il futuro.
Ma c’è di più. Proprio la Campania è stata la regione che maggiormente ha visto crescere e ha dato credito al Movimento cinque stelle che avrebbe dovuto fare una vera e propria rivoluzione prima battendo elettoralmente e poi sostituendo amministrativamente la classe politica del Pd. Com’è finita? Le Stelle son diventate cadenti e, ciò che più è significativo, oggi in Campania il Movimento di Grillo e Di Maio più che rappresentare e incarnare l’opposizione è una sorta di appendice della classe amministrativa e politica che avrebbe dovuto sostituire: il Pd. Insomma, il presidente De Luca e il sindaco Manfredi non hanno un’opposizione che li incalzi, li impensierisca e li migliori. Ma non è tutto. C’è di più.
È come se in Campania fosse scomparsa la stessa politica. Se, infatti, l’esistenza dell’opposizione è un segno di vitalità, allora, non c’è dubbio che qui da noi la politica è una sorta di cara estinta a cui va fatto il funerale. Il suo posto è stato preso da una grande e generale marmellata che tutto avvolge, impiastriccia e appiccica in modo indistinto come sa fare bene la marmellata. L’idea che ci possa essere un dibattito pubblico su temi grandi e piccoli — Pnrr, sanità, trasporti, turismo, scuola, occupazione, energia — sembra essere, ormai, una pretesa lunare.
Il compito di un’opposizione è quello di controllare, incalzare e proporsi come alternativa nella speranza che gli elettori possano nutrire l’aspettativa di avere due classi dirigenti tra le quali scegliere. Ma a dire una cosa del genere qui, in Campania, si rischia di fare la fine delle anime belle che vorrebbero ammirare le margheritine di campo, mentre la realtà nuda e cruda mostra che la marmellata napoletana ha trasformato i frutti della politica in interessi personali. Punto. Fine del discorso.
Ecco perché tutto è ridotto a ciò che dice il viceré e a ciò che pensa il professore. Il dibattito pubblico, ossia la discussione sugli interessi di tutti noi mediata dai valori della vita civile, si identifica esclusivamente con le parole del presidente della Regione e con le intenzioni del sindaco di Napoli. Tutto il resto non conta. E non conta perché non c’è. Il centrodestra — tanto per ricordare l’esistenza della parola — sembra essere come la spianata della fu Piazza Municipio: una landa desolata. Eppure, come sanno anche le pietre, un elettorato di centrodestra c’è, esiste, addirittura vota. Ma non il centrodestra che, evidentemente, non riesce a dare né una buona rappresentanza di sé, né una reale rappresentazione del dramma della Campania. Impera la marmellata.