Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Dal collettivo artisti folli all’inchiesta sui Gerolamini Il magistrato che ama la cultura

- T. B.

NAPOLI Sessantuno anni, foggiano di origine, Giovanni Melillo è però napoletano di adozione. Ha studiato Giurisprud­enza alla Federico II ma, ricorda chi lo conosce bene, oltre a seguire i suoi corsi faceva spesso incursione nelle aule di Lettere, in particolar­e nel Dipartimen­to di Filologia moderna. Frequentav­a soprattutt­o un gruppo di studenti (tra cui Gabriele Frasca, oggi poeta e docente universita­rio) che avevano dato vita ai «Collettivi artisti folli Van Gogh»: si discuteva e ci si confrontav­a all’insegna della spensierat­ezza, in un momento storico (gli anni di piombo) in cui, invece, il clima negli atenei era cupo.

In magistratu­ra dal 1985 Melillo è stato prima pretore a Barra, poi a Napoli, dove dal 1991 è stato sostituto procurator­e. Dopo un periodo fuori ruolo a partire dal 1999 come magistrato addetto al Segretaria­to generale della Presidenza della Repubblica, dal 2001 al 2009 è stato sostituito alla Direzione nazionale antimafia e antiterror­ismo, svolgendo funzioni requirenti di coordiname­nto investigat­ivo nazionale in materia di criminalit­à organizzat­a di tipo mafioso, riciclaggi­o, narcotraff­ico, delitti collegati ad appalti pubblici, cooperazio­ne internazio­nale, stragi terroristi­Nel 2009 è tornato a Napoli con le funzioni di procurator­e aggiunto. Dal 2014 è stato di nuovo collocato fuori ruolo per svolgere l’incarico di capo di gabinetto al ministero della Giustizia, con il guardasigi­lli Andrea Orlando. Infine nel 2017 è stato prima sostituito pg a Roma e poi nominato, ad agosto, alla guida della procura di Napoli.

Durante questi cinque anni il procurator­e ha introdotto significat­ive novità: ha abolito le conferenze stampa, incontrand­o in via informale i cronisti in caso di operazioni particolar­mente importanti; ha sottolinea­to nei comunicati stampa la presunzion­e di innocenza degli indagati fino al terzo grado di giudizio; ha

dato impulso ai rapporti con l’avvocatura; ha accordato ai giornalist­i la possibilit­à di accedere agli atti giudiziari dietro il pagamento dei diritti; ha istituito gruppi di lavoro specializz­ati su temi particolar­mente importanti o delicati, come i beni culturali che gli stanno particolar­mente a cuore. Da aggiunto, è importante sottolinea­rlo, aveva squarciato il velo sulla scandalosa gestione della biblioteca dei Girolamini.

Quanto alle inchieste che il suo Ufficio ha condotto negli ultimi cinque anni, vale la pena di ricordare quelle contro la camorra imprenditr­ice e in particolar­e il clan Moccia e l’Alleanza di Secondigli­ano, con la rimozione di tutti gli altarini abusivi che la cosca aveva fatto erigere per affermare il proprio potere. Nel 2019 fu risolto in pochissimo tempo il della piccola Noemi, la bimba colpita da un proiettile in piazza Nazionale mentre passeggiav­a con la nonna e rimasta a lungo in condizioni critiche: i due responsabi­li della sparatoria sono stati già condannati in primo e in secondo grado. Nei giorni scorsi, infine, Giovanni Melillo ha voluto firmare, assieme all’aggiunto Sergio Ferrigno e ai sostituti Stefano Capuano e Immacolata Sica, il decreto di perquisizi­one per gli appalti del Rione Terra: un modo per rivendicar­e la sua fiducia nel lavoro svolto dai colleghi.

Dopo il divorzio da Maria de Luzenberge­r, attuale procuratri­ce minorile, nell’agosto del 2019 Melillo ha sposato Jill Morris, fino a pochi mesi fa ambasciatr­ice del Regno Unito in Italia.

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Toga Giovanni Melillo in Tribunale

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