Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Bollita era la squadra
Qui invece abbiamo un problema: il futuro del Napoli, che, se lo si guarda sotto l’aspetto della crisi generale del calcio, non ci porta nessuna buona notizia. Ma intanto noi si rivanga una polemica di cinque anni fa, tanti nel calcio.
Fui anch’io «ancelottiano» e ancor prima beniteziano. E concordo ancora con la casamadre dell’Ancelottisimo napoletano, il «Napolista», con il nocciolo della sua argomentazione base: mandar via Ancelotti fu un errore perché ci si privò della possibilità di costruire una realtà tecnica e societaria di cui oggi tutti dicono di sentire la mancanza, anche coloro che all’epoca applaudirono il licenziamento del 5 volte campione in 5 paesi - ma faccio una piccola obiezione, che di costruire quella nuova realtà alla società interessava meno di zero e Ancelotti era il grande nome cui era stata consegnata una squadra-gruppo già segnata dallo scudetto «perso in albergo».
Poi il tempo passa e a ripetere una cosa giusta per anni e anni, anche quando questa è stata superata dallo sporco lavoro del tempo, ti porta ai confini con l’ossessione. E nell’epoca dei social questo significa costruire un delirio a due con chi ti aspetta al varco per prenderti in fallo di ripetuta ossessione: una cosa insopportabile. Non che dall’altra parte manchino le «Contessa Miseria» del delirio antiCarlo: pregiate figure di intellettuali che dipingono Gattuso come un grande tecnico, dopo aver definito Sarri quale Maestro e Guida spirituale. Questa è la ragione vera del delirio Anti Ancelotti, la nostalgia per il falso profeta di Bagnoli e del suo gioco da marionette telecomandate, in realtà lo Shabbatai Zevi che ha avvelenato il tifo napoletano con la sua leadership rinnegata (Zevi fu un cabalista ebreo del secolo diciassettesimo che si definì messia, e fu detto «falso messia» dai suoi avversari, sollevò un gran subbuglio politico religioso fra gli ebrei dell’epoca, ma finì convertito all’Islam, in pratica la Juventus).
Peraltro, volendo entrare solo per un secondo nel merito della vicenda: gli anni dal ‘18 ad oggi hanno rivelato le ragioni di quel rendimento normale di Carlo a Napoli. Aveva una squadra media, come poi fu l’Everton, e lui, che si adatta agli uomini che ha, fece cose medie - ma anche un secondo posto, chissà perché accolto come un frutto marcio.
Ed è all’oggi che bisogna tornare. Posto che nessun profeta verrà a salvarci - Unai Emery non viene e se viene ripete il copione Benitez-Ancelotti -, posto che l’allenatore non basta a farci crescere, posto che Edo De Laurentiis sta sempre dove sta, posto che pare siamo gli unici a non voler essere comprati da nessuno (ma l’argomento puzza di presuntuosa ricerca a prezzi folli), e posto che il mercato del Napoli lo fa Giuntoli e non Italo Allodi: tutto questo detto, che futuro ci aspetta? Soprattutto - ecco una cosa che meriterebbe un sondaggio del Corriere del Mezzogiorno ma da fare in estate - quali sono le aspettative dei tifosi? Perché il primo errore di Carletto fu di solleticarle dicendo che avrebbe vinto il campionato, con una squadra che sapeva bollita.