Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Tre criticità ostacolano il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr
Nell’ultimo numero di Visti da Nord (29 aprile), l’economista dell’Università Cattolica, Floriana Cerniglia, aveva sollevato dubbi sul fatto che il Piano nazionale di ripresa e resilienza riuscirà a ridurre il divario tra Nord e Sud a causa della difficoltà dei bandi gara di garantire il “premio” del 40 per cento nella spesa dei fondi messi a disposizione dall’Europa. Questo timore è stato espresso in maniera ampia e dettagliata dalla presidente dell’Ufficio parlamentare del bilancio (Upb), Lilia Cavallari — nella foto — nella sua audizione del 5 maggio davanti alla Commissione parlamentare per l’attuazione del Federalismo fiscale. In un documento di una ottantina di pagine, Cavallari ripercorre vita, morte e miracoli del Pnrr in relazione alla sua capacità di ottenere una ricaduta sui territori a cui è destinato. Conti alla mano, l’Upb conferma che i soldi indirizzati al Mezzogiorno sono 86 miliardi dei 222 complessivi, il che soddisfa una quota del 40,8 per cento come vincolo di destinazione al Sud, anche se si tratta di una media perché ci sono settori come turismo e sviluppo economico che si attestano a livelli molto inferiori (25-30 per cento). Ma riguardo l’effettiva realizzazione degli obiettivi del Pnrr la presidente Cavallari riscontra tre criticità. La prima riguarda la possibilità di coniugare le finalità proprie degli interventi con il vincolo territoriale: i primi 36 bandi pubblicati fino al 2 maggio per l’assegnazione delle risorse agli enti territoriali (per un valore complessivo di 24,3 miliardi di cui il 43,3 per cento destinato al Mezzogiorno) hanno evidenziato tali problemi relativi a procedure, criteri e graduatorie «da poter ostacolare il raggiungimento degli obiettivi previsti dagli investimenti». La seconda criticità riguarda la scarsità delle risorse di personale a disposizione delle amministrazioni locali: il problema riguarda tutta l’Italia, ma nel Mezzogiorno appare più preoccupante visto che, dice l’Upb, si è prediletta la stabilizzazione di lavoratori socialmente utili rispetto al ricambio generazionale e alla possibilità di inserire persone con titoli di studio più elevati, come è stato fatto in altre aree del paese. Inoltre, le regioni del Sud hanno finora utilizzato meno di quanto potevano la possibilità di ricorrere alla task force di esperti (circa un migliaio) che il governo ha messo a disposizione degli enti territoriali per coadiuvarli nell’attuazione del Pnrr. Meglio tenere lontani occhi indiscreti o si tratta solo di inerzia amministrativa? La terza criticità attiene ai tempi di realizzazione delle opere. Dalle procedure di appalto condotte tra il 2007 e il 2021 emerge che nel Mezzogiorno i tempi sono stati maggiori mediamente del 7 per cento rispetto al Centro e del 21-22 per cento rispetto al Nord. Su questo punto ci sono prospettive di miglioramento grazie alla legge delega messa a punto dal governo, ma, riflette Cavallari, sarebbe opportuno rendere operativi al più presto i controlli di qualità delle stazioni appaltanti «soprattutto pensando a quando, tra una decina d’anni, non ci sarà più l’elevata attenzione delle istituzioni nazionali ed europee e degli organi di informazione che si registra adesso sul Pnrr». Infine, un ultimo aspetto affrontato nell’audizione riguarda la perequazione strutturale in cui si sottolinea la necessità di una corretta e puntuale quantificazione del gap nei vari settori in modo da poter superare, in prospettiva, il principio di una generica quota specifica in favore del Mezzogiorno.